Giornata dell'alfabetizzazione. Mons. Martini: seminare la pace attraverso l'istruzione
Si celebra oggi la Giornata internazionale dell’alfabetizzazione, promossa dalle Nazioni
Unite e dall’Unesco. Il tema di quest’anno è il rapporto tra istruzione e pace. Ancora
oggi nel mondo 775 milioni di persone non sanno leggere né scrivere, due terzi delle
quali sono donne e 122 milioni sono giovani. Lo stesso Benedetto XVI, nell’Esortazione
apostolica Africae munus, aveva definito l’analfabetismo come uno dei “maggiori
freni allo sviluppo umano” e una forma di “morte sociale”. Michele Raviart
ne ha parlato con mons. Aldo Martini, presidente dell’Opam (Opera di Promozione
dell'Alfabetizzazione nel Mondo):
R. - L’alfabetizzazione
non è soltanto una capacità di leggere, scrivere e contare, ma è soprattutto un diritto
umano fondamentale, come è stato riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti
umani. Il diritto all’alfabetizzazione è il “padre” di tutti gli altri diritti della
persona. L’istruzione è lo strumento base per lo sviluppo e per la promozione della
persona umana, perché la rende capace di un pensiero critico, la rende capace di integrarsi
nelle società in cui vive, la rende capace di fare delle scelte, di conoscere i propri
diritti e i propri doveri e quindi di partecipare attivamente alla vita politica del
proprio Paese.
D. - Secondo le ultime stime, nel mondo ci sono 775milioni di
analfabeti, tra cui 122milioni di ragazzi. Quali sono le aree in cui l’analfabetismo
è più alto?
R. - Queste cifre vanno prese un po’ con le molle, perché secondo
me sono anche calcolate per difetto, in quanto in molti Paesi non esiste un’anagrafe
o esiste con molte difficoltà: molti milioni di persone non vengono riconosciute come
cittadini di uno Stato, molti ragazzi che vanno a scuola si iscrivono e poi spariscono,
quindi c’è un abbandono scolastico molto forte. Quello che si nota è che l’indice
più basso si trova nei Paesi dell’Africa subshariana e nell’Asia occidentale e meridionale.
Ora, la maggior parte degli adulti analfabeti è concentrata in 10 Paesi: in primo
luogo la Repubblica democratica del Congo, poi il Brasile, l’Indonesia, l’Egitto,
l’Etiopia, la Nigeria, il Bangladesh, il Pakistan, la Cina, l’India…
D. - E
due terzi degli analfabeti sono donne…
R. - Noi cerchiamo di dare le priorità
soprattutto all’istruzione delle donne, perché sono il fattore essenziale di sviluppo
e progresso di un Paese. Cerchiamo di motivare i genitori a non escludere le bambine
dalla scuola: molto spesso i genitori preferiscono mandare a scuola un maschio, mentre
le bambine vengono tenute a casa per mantenere il livello di occupazione della famiglia,
oppure vengono date in sposa in età molto giovane - 12/13 anni - per cui c’è tutta
un’opera di convincimento presso le famiglie.
D. - L’Opam lavora da 40 anni
in questo campo. Come funzionano i vostri progetti?
R. - Noi, nel nostro piccolo,
individuiamo delle aree, lavorando in collaborazione stretta con le diocesi: chiediamo
sempre quali sono i progetti che dal basso vengono richiesti, in modo particolare
lavorando nelle zone più remote (dove spesso non sono presenti organizzazioni internazionali
grandi), soprattutto nelle zone dell’Africa Equatoriale. Creiamo piccole scuole e
diamo la possibilità di avere insegnanti, perché bisogna che ci siano insegnanti formati
e motivati. Ci sono scuole in certi Paesi con un numero di alunni per classe che oscilla
tra i 100/160; quindi, noi cerchiamo di dare una scuola che sia a misura d’uomo. Poi,
cerchiamo di instillare, soprattutto nelle famiglie e nei genitori, i valori della
scuola perché spesso i genitori di fronte ad una scuola di qualità scadente preferiscono
mandare i propri figli a lavorare nei campi.
D. - Uno degli obiettivi del millennio
delle Nazioni Unite è garantire l’istruzione primaria a tutti i bambini entro il 2015.
A che punto siamo?
R. - Purtroppo questo è un tasto dolente, perché questi
obiettivi del millennio si spostano tutti gli anni più avanti. Sono sempre meno realisticamente
raggiungibili, in modo particolare in questo momento, a causa anche della crisi internazionale.
Per cui gli aiuti promessi dai Paesi sono approvati, ma poi non vengono materialmente
erogati.
D. - La giornata di oggi si concentra sul rapporto tra alfabetizzazione
e pace. Come sono legati tra loro questi concetti?
R. - Dove non c’è pace c’è
poca istruzione; dove manca l’istruzione è più facile che scoppino dei conflitti:
pensiamo che il 40% di bambini non scolarizzati vive in Paesi dove ci sono conflitti.
Noi lanciamo un appello in questa giornata: “Aiutateci a seminare la pace attraverso
la scuola". Il primo nome con cui un bambino impara a scrivere la parola "Pace"
è il proprio nome.