Migranti eritrei bloccati da una settimana sul confine israeliano. Critiche da organizzazioni
umanitarie
Un gruppo di una ventina di migranti eritrei - provenienti dal Sinai egiziano e diretti
in Israele - è bloccato da quasi una settimana accanto ai reticolati di confine, mentre
le pattuglie militari di Israele impediscono loro di procedere oltre. I mezzi di comunicazione
locale cercano di seguire gli sviluppi della vicenda, ma i giornalisti non possono
raggiungere gli eritrei perché l'area è stata proclamata 'zona militare chiusa'. Ieri
la sorte dei migranti è stata discussa dalla Corte Suprema di Gerusalemme su richiesta
di organizzazioni umanitarie, secondo cui la loro vita è in pericolo per la forte
calura che incombe sulla zona. I giudici torneranno ad esaminare il caso domenica:
nel frattempo l'esercito dovrà provvedere a fornire ai migranti viveri e bevande.
Nel dibattito il Ministero degli Interni israeliano ha spiegato che si oppone ad autorizzare
l'ingresso del gruppo nel timore di creare un precedente e di incoraggiare così l'arrivo
di masse di africani lungo i 250 chilometri di reticolati che Israele sta completando
sul confine con l'Egitto. Grazie alla erezione della barriera gli ingressi illegali
di africani sono calati questo mese a 200, ossia un decimo rispetto ai mesi passati.
Il premier Benyamin Netanyahu ha autorizzato un compromesso in virtù del quale potranno
entrare in Israele le due donne che fanno parte del gruppo (una delle quali ha appena
abortito) e un ragazzo di 14 anni. Ma gli altri non saranno ammessi in Israele. ''Siamo
determinati a bloccare la marea di migranti'' ha detto Netanyahu. ''Occorre che tutti
comprendano che Israele non può essere la stazione di arrivo per questi migranti''.
Secondo alcune organizzazioni umanitarie locali, si tratta di una decisione disumana,
che non fa onore ad Israele. Come nei giorni scorsi, è prevedibile che anche domani
attivisti sociali cercheranno di forzare le postazioni militari per raggiungere gli
eritrei e portare loro aiuti materiali. (S.C.)