Legge sul fine vita. Carlo Casini: votare subito per contrastare derive eutanasiche
Ha ricevuto già il sì ampio e trasversale del Parlamento tra marzo 2009 e luglio 2011,
e per il voto finale manca solo la ratifica del Senato ad alcune modiche. Si tratta
del Dat - “Dichiarazioni anticipate di trattamento”. Nonostante un lungo iter di quattordici
mesi c’è ancora il rischio che il disegno di legge venga insabbiato, vanificando il
lavoro compiuto su un testo non più rinviabile a fronte di molti avvenimenti degli
ultimi anni. A questo proposito Pd, Pdl e Lega sono stati interpellati direttamente
dal presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini. Gabriella Ceraso
lo ha intervistato:
R. - Un dibattito
per avvenire, bisogna che sia inscritto all’ordine del giorno, ordine formato della
Conferenza dei capigruppo dei vari gruppi politici della maggioranza. Per questo io
ho scritto alle forze che sono più numerose, in particolare a Bersani, perché è nell’ambito
della sinistra che si erano raccolte le principali opposizioni.
D. - C'è ostruzionismo
perché si desiderano altre modifiche, o perché ci sono le prossime elezioni e quindi
si ritiene inutile chiudere questa partita, se poi ci sarà un altro voto a breve?
R.
- Intanto si voti. E’ un lavoro che è stato fatto nell’arco di un’intera legislatura,
faticosamente ma profondamente, non vedo perché - come per qualsiasi altra legge -
non debba arrivare a conclusione. Nella prossima legislatura, se questa legge non
sarà approvata, si tenterà di presentare proposte più fortemente a favore dell’eutanasia
di quanto oggi sarebbe possibile fare. Se viceversa questa legge sarà approvata, è
possibile che naturalmente le “forze anti-vita” tentino di nuovo di ribaltare la situazione,
ma bisogna vedere se si riuscirà, se sarà la maggioranza e soprattutto se ci sarà
la volontà di tornare su questo argomento, vediamo prima le applicazioni.
D.
- Ci può indicare quali sono le principali novità, di cui consta questo testo che
ora è al Senato?
R. - In sintesi: la volontà del paziente ha certamente un
ruolo importante, ma deve essere una volontà attuale, non una volontà manifestata
prima, senza la conoscenza esatta della situazione anche esistenziale - non solo tecnica
- in cui si può venire a trovare un malato. Questo non può avvenire se il malato ha
perso coscienza e non può esprimere la sua attuale volontà, quindi, in questi casi
è soltanto un tenere conto - dice questa legge - di ciò che lui ha detto prima, ma
senza vincoli. Quindi, la non vincolatività delle dichiarazioni precedenti e la richiesta
che la volontà del malato sia rispettata solo se attuale, è il contenuto essenziale
di questo provvedimento.
D. - Perché lei ritiene che votare una legge e, quindi,
avere a livello nazionale una legge sul “fine vita” sia una questione di democrazia?
R.
- Perché democrazia significa due cose: dal punto di vista formale, il voto, cioè
la maggioranza che decide, quindi vediamo se c’è o non c’è questa maggioranza. Fino
a questo momento la maggioranza per approvare questa legge c’era, non so cosa capiterà
al Senato, ma sono fiducioso che ci sarà ancora. Comunque, misurarla, al termine di
tanto lavoro è questione di democrazia formale; ma c’è anche una democrazia sostanziale.
Il fondamento della democrazia è l’uguale dignità di ogni essere appartenente alla
famiglia umana. Noi cerchiamo in tutti i modi di affermare la democrazia sostanziale
dicendo che dal concepimento alla morte naturale siamo in presenza di un uomo che
merita amore, fiducia e solidarietà, questo vale anche quando la morte è prossima,
questo vale anche per coloro che sono in stato "vegetativo" o comunque privi di coscienza.
D. - Potrà effettivamente, la presenza di una legge, aiutare nella giungla
dei casi così tanto diversificati che ci sono?
R. - Certo, dà un’indicazione
al medico, ai familiari, un’indicazione di valore, una guida all’azione. C'è però
il momento per tutti - purtroppo capita - in cui bisogna alzare bandiera bianca ed
il medico deve dire “adesso è inutile insistere ”. Questo si capisce, è logico, avviene
sempre, ma l’orientamento deve essere sempre quello del diritto alla vita, del vivere,
della dignità, della speranza, non quello del diritto alla morte che si vorrebbe invocare
come diritto di libertà.