Striscia di Gaza: 6 palestinesi uccisi in un raid israeliano
La crisi siriana sta in qualche modo oscurando nello scenario internazionale il conflitto
israelo-palestinese. Di ieri la notizia dell’uccisione di sei palestinesi in 24 ore
nella Striscia di Gaza, da parte dell’Esercito israeliano. Ma a che punto siamo nella
crisi ‘madre’ di tutto il Medio Oriente? Roberta Gisotti lo ha chiesto a Janiki
Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – Direi che
il conflitto israelo-palestinese è in una situazione di totale stallo. E questo perché,
fino alle elezioni negli Usa, Obama farà di tutto per evitare di occuparsene poiché
questo potrebbe danneggiarlo anche presso l’elettorato ebraico americano. Anche dopo,
però, non è detto che voglia occuparsene, perché è – diciamo – piuttosto ‘stufo’ di
quello che ha ottenuto in questo primo mandato. Direi che tende a crearsi una situazione
di status quo, in cui tutti dicono di voler cambiare le cose, ma in realtà nessuno
vuole cambiarle!
D. – Una situazione di stallo totale come lei ha sottolineato,
ma in qualche modo la guerra in Siria potrebbe aggravare la situazione?
R.
– Dipende dai suoi esiti, diciamo così. Io dubito che ci siano immediate ripercussioni,
perché non c’è un interesse siriano ad espandere il conflitto verso Israele ed Israele
non interferisce nel conflitto interno siriano. Io credo che le ripercussioni del
conflitto siriano si sentano soprattutto in Libano, dove c’è una ripresa del conflitto
tra sunniti, sciiti del sud e del nord del Libano. Credo che a questo si alluda quando
si parla di possibile espansione del conflitto siriano.
D. – A questo punto
che cosa auspicare per un rilancio dei colloqui di pace fra israeliani e palestinesi?
R.
– Un’iniziativa molto forte della comunità internazionale che, però,onestamente io
non vedo all’orizzonte. Da soli i due protagonisti – israeliani e palestinesi - non
ce la fanno: forse sarebbe necessario portare l’iniziativa ad un livello regionale
panarabo, rilanciando quel piano arabo del ’93 che prevedeva il riconoscimento da
parte di tutti gli Stati arabi di Israele e la creazione di uno Stato palestinese.
Questo, tuttavia, è abbastanza complicato! Le dico ciò che penso, che è anche l’esito
di una recente missione che ho fatto in Israele: la situazione è che, da un lato,
lo stato di fatto che sta gestendo Hamas a Gaza tende a stabilizzarsi e graviterà
sempre più nell’orbita egiziana, infatti Hamas è una costola della fratellanza musulmana
egiziana. Di fatto al-Fatah e Hamas parlano di riconciliazione, ma nessuno dei due
lo vuole veramente. In Cisgiordania la situazione di negoziato con Israele è un po’
bloccata, perché continua sul terreno questo lavoro di insediamenti e di allargamento
degli insediamenti esistenti. Quindi si creerà una situazione di endemico stato unico
di fatto tra Cisgiordania e Israele, con i palestinesi che vivranno, così come stanno
vivendo, in un 70-75 per cento del territorio ed una presa sempre più forte da parte
del governo israeliano sulle aree dove c’è il cuore degli insediamenti.