2012-09-06 16:36:38

Striscia di Gaza: 6 palestinesi uccisi in un raid israeliano


La crisi siriana sta in qualche modo oscurando nello scenario internazionale il conflitto israelo-palestinese. Di ieri la notizia dell’uccisione di sei palestinesi in 24 ore nella Striscia di Gaza, da parte dell’Esercito israeliano. Ma a che punto siamo nella crisi ‘madre’ di tutto il Medio Oriente? Roberta Gisotti lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:RealAudioMP3

R. – Direi che il conflitto israelo-palestinese è in una situazione di totale stallo. E questo perché, fino alle elezioni negli Usa, Obama farà di tutto per evitare di occuparsene poiché questo potrebbe danneggiarlo anche presso l’elettorato ebraico americano. Anche dopo, però, non è detto che voglia occuparsene, perché è – diciamo – piuttosto ‘stufo’ di quello che ha ottenuto in questo primo mandato. Direi che tende a crearsi una situazione di status quo, in cui tutti dicono di voler cambiare le cose, ma in realtà nessuno vuole cambiarle!

D. – Una situazione di stallo totale come lei ha sottolineato, ma in qualche modo la guerra in Siria potrebbe aggravare la situazione?

R. – Dipende dai suoi esiti, diciamo così. Io dubito che ci siano immediate ripercussioni, perché non c’è un interesse siriano ad espandere il conflitto verso Israele ed Israele non interferisce nel conflitto interno siriano. Io credo che le ripercussioni del conflitto siriano si sentano soprattutto in Libano, dove c’è una ripresa del conflitto tra sunniti, sciiti del sud e del nord del Libano. Credo che a questo si alluda quando si parla di possibile espansione del conflitto siriano.

D. – A questo punto che cosa auspicare per un rilancio dei colloqui di pace fra israeliani e palestinesi?

R. – Un’iniziativa molto forte della comunità internazionale che, però,onestamente io non vedo all’orizzonte. Da soli i due protagonisti – israeliani e palestinesi - non ce la fanno: forse sarebbe necessario portare l’iniziativa ad un livello regionale panarabo, rilanciando quel piano arabo del ’93 che prevedeva il riconoscimento da parte di tutti gli Stati arabi di Israele e la creazione di uno Stato palestinese. Questo, tuttavia, è abbastanza complicato! Le dico ciò che penso, che è anche l’esito di una recente missione che ho fatto in Israele: la situazione è che, da un lato, lo stato di fatto che sta gestendo Hamas a Gaza tende a stabilizzarsi e graviterà sempre più nell’orbita egiziana, infatti Hamas è una costola della fratellanza musulmana egiziana. Di fatto al-Fatah e Hamas parlano di riconciliazione, ma nessuno dei due lo vuole veramente. In Cisgiordania la situazione di negoziato con Israele è un po’ bloccata, perché continua sul terreno questo lavoro di insediamenti e di allargamento degli insediamenti esistenti. Quindi si creerà una situazione di endemico stato unico di fatto tra Cisgiordania e Israele, con i palestinesi che vivranno, così come stanno vivendo, in un 70-75 per cento del territorio ed una presa sempre più forte da parte del governo israeliano sulle aree dove c’è il cuore degli insediamenti.







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