Povertà e potere dei soldi: il film di Manoel de Oliveira "Gebo e l'ombra" al Festival
di Venezia
Manoel de Oliveira alla Mostra del Cinema di Venezia. Assente il regista, è stato
presentato fuori concorso il suo ultimo film, “Gebo e l’ombra”, tratto dall’omonimo
lavoro teatrale dello scrittore portoghese Raul Brandão, vissuto a cavallo del novecento.
Povertà e denaro sono al centro di un intenso e delicato dramma familiare, che termina
con un nobile sacrificio. Il servizio di Luca Pellegrini:
Dall’alto dei
suoi centoquattro anni, che compirà il prossimo dicembre, il grande maestro del cinema
portoghese Manoel de Oliveria decide di girare un film sulla povertà e il potere dei
soldi, sull’uso che se ne è fatto e sulla facilità di perderli. Non pensa a un documentario
sulle zone depresse del mondo e i catini di dolore che lì si trovano, non immagina
epici affreschi o thriller ambientati nei soliti degradati sobborghi urbani, di cui
il cinema si è impossessato a iosa. No, lui decide di parlare di povertà facendolo
esclusivamente in una cameretta nella casa dell’anziano e saggio Gebo, da qualche
parte in qualche tempo. Michael Lonsdale, che lo interpreta, non si alza mai dalla
sua sedia, lui, specchio della fragilità umana e di una vecchiaia afflitta. Parla
di un’ombra, quella del figlio, evocata dai ricordi. Cerca di placare le ansie e asciugare
le lacrime della moglie Doroteia, che è Claudia Cardinale intensissima, e della nuora
sconsolata, Sofia, la brava Leonor Silveira. Quando non parla di dignità e di tristezza,
fa solo conti su un polveroso registro, assillato dai numeri. Oppure sorseggia un
caffè con amici, poveri pure loro, che sono Jeanne Moreau e Luís Miguel Cintra, due
attori di bravura eccezionale. E aspetta, aspetta che il figlio amatissimo torni.
Lui appare come un fantasma in una notte scura, accompagnato da una risata fragorosa
e beffarda. Si mostra prima al padre soltanto, poi alla famiglia. Sconquassa le loro
abitudini e comincia a schernire chi, con affetto, lo aveva aspettato. Il duello,
soltanto verbale, che si instaura, è quello che verte sul potere del denaro, necessario
per lui, pericoloso per gli altri. Padre e figlio si fronteggiano dinanzi a una borsa
che lo contiene. De Oliveira non ha bisogno di nulla, se non di attori, di poca luce
e di poco spazio, e di una idea forte come questa, per raccontare tutta l’umanità
e tutte le sue debolezze. Con i suoi sacrifici: ancora una volta quello del padre
per proteggere il figlio, che non si è pentito e non si pentirà. (A cura di Luca
Pellegrini)