Massacro di Yanomami in Venezuela. La Chiesa: “Arrivare alla verità”
La notizia del massacro di 80 indigeni dell’etnia Yanomami nella foresta amazzonica
vicino alla frontiera con il Brasile, diffusa dai media la settimana scorsa, ha provocato
la reazione del governo venezuelano, che ha inviato sul posto il ministro dei Popoli
indigeni. Questi ha poi dichiarato di non aver trovato nessuna prova del massacro.
Il vicario apostolico di Puerto Ayacucho, mons. José Angel Divassón Cilveti, ha comunque
evidenziato che “non basta sorvolare la zona, perché dall’alto non si riesce a vedere
niente. Bisogna arrivare nello stesso luogo dove abita questa gente”. Il vescovo ha
ribadito che "bisogna chiarire la situazione fino in fondo". Nella nota inviata all'Agenzia
Fides si sottolinea che l'accesso alla lontana comunità degli Yanomami, che si trova
nel comune dell’Alto Orinoco, è difficile e ci vuole molto tempo per arrivare. "La
cosa più importante comunque è arrivare alla verità - ha detto il vicario apostolico
-, per questo bisogna arrivare fino al cuore della comunità Yanomami. Ci sono anche
altre comunità indigene che si trovano in pericolo per la presenza dei ‘garimpeiros’,
che passano dal Brasile al Venezuela per l'attività mineraria, con tutte le conseguenze
contro l'ambiente: contaminazione dell'acqua, violenza, malattie. Infatti molti Yanomami
sono morti a causa della tubercolosi, contratta perché sono fragili" ha affermato
il vescovo. La denuncia di questo massacro è stata presentata dagli organismi che
difendono gli indigeni. Già nel 1993 una incursione di garimpeiros nella comunità
Haximù, in territorio venezuelano, causò la morte violenta di 16 indigeni e venne
sollevato un problema internazionale.