2012-09-05 16:25:23

Martini, “un Padre della Chiesa”


RealAudioMP3 “E’ chiaro che di fronte alla morte di un personaggio come il card. Martini quello della strumentalizzazione è uno dei rischi principali. Ma qui c’è anche qualcosa di più sottile e ideologico. Vedo il tentativo da parte di alcuni ambienti di accaparrarsi, non tanto la figura di Martini stesso, quanto il pretesto per continuare una polemica laicista. Da questo punto di vista anche questo dibattito è ‘arretrato di 200 anni’. Martini ha invece davvero piantato la croce nel cuore della modernità. E’ questo darà frutto”. Il direttore de ‘Il Regno’, rivista del Centro editoriale dehoniano, Gianfranco Brunelli, commmenta così, ai nostri microfoni, il dibattito scaturito sulla stampa italiana dopo la morte del card. Carlo Maria Martini. “Martini – spiega Brunelli anticipando per la Radio Vaticana i contenuti del suo prossimo editoriale – è stato un uomo che, negli anni in cui ha svolto il suo ministero episcopale, era al centro della Chiesa e non ai margini. Un uomo di riferimento per tanti e un modello di nuova evangelizzazione da tener presente mentre ci avviamo verso un Sinodo, voluto dal Papa, dedicato proprio a questo tema. Dobbiamo ricordarci dei suoi insegnamenti, per non rischiare di avviare modelli di ‘vecchia’ evangelizzazione. Considero una vera e propria ‘grazia’ averlo conosciuto e aver avviato con lui un rapporto di amicizia”.

“Intitolerò il mio editoriale Carlo Maria Martini, un Padre della Chiesa” spiega Brunelli. “Sono infatti convinto che Martini rappresenti un padre della Chiesa, come Girolamo, Ambrogio e Agostino. E’ stato una di quelle figure di riferimento che nella loro testimonianza, nel loro magistero, segnano una fase profonda della vita della Chiesa. Un segno che resta e va oltre la superficie degli avvenimenti e delle polemiche che hanno preceduto e seguito la sua morte. Il suo pensiero e la sua esegesi orante, la sua ‘Lectio divina’ continua, fatta nei confronti di tutti, all’interno della Chiesa, e anche verso i cristiani di altre confessioni e i credenti di altre religioni e verso gli atei, rappresenta un fenomeno unico e abbastanza raro nel nostro tempo”.

“Martini – continua Brunelli - è stato per me prima di tutto ‘uditore della Parola’. L’ascolto della Parola, nel senso anche delle memorie ebraiche sottese a questa espressione, è stato sempre per lui un punto di riferimento, assieme alla ‘contemplazione’ della Parola, che trovava la radice negli ‘Esercizi spirituali’ di Sant’Ignazio, così presenti nei suoi commenti al Vangelo”. “Martini era convinto, teologicamente e filosofocamente, che la rivelazione della Parola risuoni originariamente nel cuore dell’uomo. Non c’è solo un aspetto esteriore ma c’è un aspetto intimo. La Parola di Dio si rivela nell’atteggiamento di ascolto dell’uomo ma ha anche un fondamento ontologico nell’uomo.Una certezza che si fonda su basi solide, come il pensiero di Tommaso e di p. Bernard Lonergam. Ed è questo è l’atteggiamento dal quale Martini è partito per la sua opera di annuncio, ma anche per giustificare e motivare l’incontro con i non-credenti. Non a caso il Papa nel suo messaggio, in occasione della morte del card. Martini, ha individuato proprio queste categorie per definire Martini ‘uomo di Dio’. Uomo che non solo conosceva la Parola ma ha ‘amato’ la Parola”.

“Da questo aspetto di ‘uditore della Parola’ si dipanano gli altri” aggiunge il direttore de ‘Il Regno’. “Martini è stato autentico ‘vescovo del Concilio’. Negli anni del Concilio, infatti, era già docente al Pontificio Istituto Biblico, allora retto dal card. Bea, uno dei grandi protagonisti della stagione conciliare, soprattutto per quanto riguarda la ‘Nostra Aetate’ e la ‘Dignitatis Humanae’. A Bea si deve anche molto della correzione di rotta della Chiesa nei confronti degli ebrei. E Martini è il suo collaboratore principale, quindi il suo apprendimento del Concilio è in qualche modo ‘sorgivo’”
(Intervista a cura di Fabio Colagrande)









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