Mali. Governo transitorio chiede intervento internazionale nella crisi al Nord
Il presidente ad interim del Mali, Dioncounda Traoré, ha chiesto ufficialmente
l’aiuto di una missione militare internazionale per la riconquista del Nord del Paese,
da mesi in mano ai gruppi armati tuareg. I Paesi confinanti avevano già dichiarato
di essere disponibili a un intervento, ma manca ancora il via libera dell’Onu. Davide
Maggiore ha chiesto a Luigi Serra, docente universitario, già preside della
Facoltà di Studi arabo-islamici all’Università di Napoli “L’Orientale”, se questa
prospettiva sia ora più probabile:
R. - Penso sia
più accentuata e non necessariamente più vicina. Più accentuata per esercitare una
pressione politica, comprensibilissima e alimentata dal rumore e dalla rapidità degli
interventi armati.
D. - Quindi, lei ritiene improbabile che si arrivi a un
intervento in tempi brevi?
R. - Meno credibile nel tempo breve, perché lo scontro
sul terreno sarebbe veramente micidiale, a spesa non dei diretti contendenti - parlo
delle élite politiche che si contrappongono - quanto, come d’abitudine in Africa,
della gente.
D. - Le rivendicazioni dei tuareg sono pluridecennali e quindi
in questo senso un intervento militare non sembra poter essere veramente risolutivo…
R.
- E’ una delle ragioni di fondo, di ordine antropologico e culturale. Questa lunghezza
di tempi di attesa fa ritenere improbabile una risoluzione attraverso un intervento
armato a brevissimo termine.
D. - Di cosa ci sarebbe invece realmente bisogno,
perché questo problema venga affrontato nella maniera corretta?
R. - Ci sarebbe
bisogno di una presa di coscienza multinazionale, sovranazionale, della validità delle
culture, delle dignità umane dovunque esse siano.
D. - Per i tuareg questo
cosa significherebbe: il riconoscimento di una autonomia, sia pure nel quadro degli
stati nazionali che oggi esistono?
R. - Sì, quanto meno un’autonomia culturale,
non assolutamente indipendentistica in termini politici. Un’autonomia nel senso di
difesa della propria lingua, della propria identità.
D. - Più sul piano politico:
questa richiesta di aiuti militari è stata confermata anche da un diplomatico francese
in Burkina Faso. Quale ruolo sta giocando la Francia, in questa crisi?
D. -
Un ruolo, come d’abitudine in Nord Africa, sulla scia del vecchio colonialismo francese,
nel senso di ritagliarsi ancora giardini di influenza specifici, particolari - si
pensi al Ciad. Molto dipenderà, nel bene e nel male, da come gli altri Paesi - quantomeno
dell’area mediterranea - nei limiti dell’accettabile sapranno guardare al Mali.
D.
- La crisi maliana che impatto può avere sull’intera regione?
R. - Può avere
un impatto determinante e definitivo nel senso di scatenare, per esempio, una maggiore
risonanza della famosa Rivoluzione dei Gelsomini…
D. - Anche in termini di
problemi di ordine militare?
R. - Io farei una distinzione da questo punto
di vista: quando parliamo di interventi di natura militare, dobbiamo vedere se si
tratterà di interventi autenticamente “indigeni”, o di interventi alimentati fuori
e consumati all’interno con la copertura locale. Gli interventi militari io temo si
possano esercitare nel futuro sotto la sollecitazione di potenze esterne.