2012-09-04 19:04:04

Siria: almeno 80 morti. L'Unhcr: ad agosto oltre 100mila in fuga


Oltre 100mila siriani sono fuggiti nei paesi vicini in agosto, il numero più alto mai registrato in un solo mese dallo scoppio della crisi in Siria. Lo ha detto a Ginevra l'Alto commissariato Onu per i rifugiati. Sul terreno oggi l’incontro positivo fra il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa, Peter Maurer e il presidente siriano, Bashar al-Assad, ma nel paese si continua a morire: 80 oggi le vittime, secondo un bilancio, ancora provvisorio, dei Comitati locali di coordinamento dell’opposizione. Il servizio di Debora Donnini:RealAudioMP3

Ad agosto 100mila persone hanno lasciato la Siria per rifugiarsi in Giordania, Libano Turchia e Iraq. In tutto, dall’inizio del conflitto, oltre 235mila persone sono fuggite. Ma a preoccupare è anche la situazione umanitaria di chi è rimasto. Oggi a Damasco il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa ha incontrato il presidente Assad ricevendo assicurazioni positive: sarà consentito l’accesso degli aiuti umanitari per la popolazione civile nelle zone dove ci sono combattimenti a patto che si tratti di un lavoro neutrale. Oggi è stata un’altra giornata di violenze con 80 morti, secondo un bilancio ancora provvisorio fatto dall’opposizione. E l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria ha reso noto che altri 19 cadaveri sono stati trovati a Daraya, il sobborgo di Damasco dove l'opposizione aveva denunciato un massacro tra il 25 ed il 26 agosto scorso. I nuovi ritrovamenti porterebbe ad oltre 500 i cadaveri recuperati in questo luogo. Intanto, intervenendo a Berlino ad una conferenza sulla ricostruzione economica della Siria, il ministro degli esteri tedesco Westerwelle ha ribadito la sua convinzione che il regime di Assad abbia i giorni contati, sottolineando la necessità di un governo di transizione e di una piattaforma comune di tutti i gruppi di opposizione.


La diplomazia non sortisce effetti in Siria visto che anche l’Onu non riesce a fermare i combattimenti. Roberta Gisotti ha intervistato Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:RealAudioMP3

D. - Dott. Bouchahine, Brahimi, inviato dell’Onu e della Lega araba, ha detto ieri: è una “missione quasi impossibile”. Cosa nasconde la parola quasi, forse un passo avanti rispetto al suo predecessore Annan, che prima di lasciare l’incarico aveva dichiarato “missione impossibile”?

R. – Non so se è un eventuale spiraglio di una soluzione che lui ha a portata di mano, perché sembra che lui abbia qualche soluzione ma non si espone. Noi, come analisti, in questo momento ci illudiamo pensando che ci possa essere una soluzione che vada bene per tutto il sacrificio che ha fatto quel Paese. Il popolo siriano in questo momento continua a essere deluso della mancanza di aiuti, della mancanza di appoggio da parte dell’Occidente, come è accaduto in tutta l’area. Questo lo dimostrano diversi esponenti della parte dei ribelli o dell’esercito libero, come viene chiamato dalla stampa, o dei gruppi lasciati al loro destino.

D. - Quindi, la partita si gioca in gran parte fuori dai confini della Siria?

R. - La situazione siriana è drammatica, totalmente drammatica, perché quello che vedremo, quello che sentiamo, non dico che sia manipolato, ma è completamente lontano dalla verità. Il regime siriano continua a essere a tutt'oggi completamente in funzione: ha perso tanti pezzi, ma sono pezzi che non hanno destabilizzato la sua organizzazione, sia del partito, sia delle forze di sicurezza, che mantengono il regime in vita. Questo ci lascia senza parole. L’Occidente ormai non conta più i morti.

D. – A questo proposito, è in corso una guerra mediatica: le medie ufficiali governative non danno più neanche le vittime militari, oltre a non avere mai dato quelle civili…

R. – Chiaramente, perché poi c’è un’altra componente di oscurità del totale numero dei morti. Se si va a controllare la stampa araba, quella contro il regime, si contano tra 100, 150, 200 morti tra i ribelli… Sembra che il regime compia attentati o faccia incursioni in certi quartieri o in certe città senza avere mai perdite di uomini e questo ci lascia ulteriormente sconcertati per quanto riguarda il numero dei morti, perché alla fine invece i morti si contano da una parte e dall’altra.

D. – Quindi, c’è da auspicare che ad esempio il Consiglio di sicurezza Onu trovi unanimità nelle sue decisioni?

R. – La storia ce lo ha insegnato: è chiaro che la guerra civile è una brutta bestia, e lo è per tutto il popolo siriano. La guerra civile in Libano è stata qualcosa di allucinante e sappiamo precisamente che non è mai servita a nulla, non ha fatto vincere nessuno, si sono solo contati i morti ed è stato distrutto un intero Paese. Ma che un popolo rimanga sotto una finta guerra civile - agli occhi di chi lo vuole vedere in quel modo - e che la gente muoia senza un aiuto, senza una possibilità di poter essere allo stesso livello, perché è stata inventata questa espressione, esercito “libero” contro esercito “regolare”, come per dare via una guerra di uguaglianza, di uguale livello di combattimento, invece non è così. I ribelli siriani, li ho visti con i miei occhi, ero in Siria tre settimane fa, vivono di kalashnikov e cartucce. Ad oggi, non hanno occupato una caserma del regime, non hanno ottenuto aerei, non hanno ottenuto cannoni… Ricostruiscono, li ho visti costruire cose con i tubi di acciaio. Queste sono cose che accadevano 50 anni fa. Allora, se questa guerra è ingiusta in quel modo, in quella direzione, non dico che dobbiamo dare le armi per distruggere tutti quanti, ma almeno frenare il regime e i modi ci sono.









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