Sudafrica: il vescovo teme nuove proteste dopo l'incriminazione dei 270 minatori di
Marikana
“È molto strano che si incriminino i minatori per le morti del 16 agosto e non i poliziotti
che hanno sparato con proiettili reali contro i dimostranti” dice all’agenzia Fides
mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg, commentando l’incriminazione con l’accusa
di omicidio di 270 minatori, compagni di quelli uccisi dalla polizia il 16 agosto,
nella miniera di platino di Marikana. La procura locale ha infatti incriminato 270
lavoratori, che si trovano ancora in carcere, compresi coloro che erano disarmati
o che si trovavano ai margini della folla che si scontrò con la polizia, la quale
sparò contro i dimostranti uccidendone 34. In alcuni scontri precedenti erano morte
altre 10 persone, tra cui due poliziotti. “L’inchiesta sul comportamento dei poliziotti
è ancora aperta, quindi bisognerebbe vedere se questa sfocerà in una incriminazione
anche contro gli appartenenti alle Forze dell’ordine” aggiunge il vescovo. Nel frattempo
sono stati sospesi i colloqui tra i gestori della miniera, i sindacati e i mediatori
del governo, per trovare un accordo che permetta di risolvere la crisi. I colloqui
riprenderanno lunedì 3 settembre. “Speriamo bene, ma il negoziato va avanti molto
lentamente. L’incriminazione dei minatori rischia inoltre di provocare nuove proteste.
La situazione rimane fragile” conclude mons. Dowling. Tali colloqui mirano a calmare
la tensione a seguito di un violento sciopero: ieri si è presentato al lavoro meno
del 7 per cento dei 28mila uomini che compongo la forza lavoro locale. L'azienda,
che estrae a Marikana il 96% del platino prodotto, è stata costretta a chiudere l'attività
tre settimane fa, a causa delle crescente tensione con il sindacato Circa 50 i negoziatori
impegnati in colloqui . Tra questi c’è il vescovo anglicano Jo Seoka, presidente
del Consiglio Mondiale delle Chiese del Sud Africa. Linda Bordoni gli ha chiesto
come stanno procedendo i negoziati:
R. – We began
by breaking a space... Abbiamo cominciato con l’aprirci un varco per la delegazione
dei lavoratori in sciopero in modo che si impegnassero con la dirigenza dello Stato
e poi con il ministro del Lavoro, e adesso siamo in un processo di mediazione nel
quale sono coinvolti il Ministero del lavoro, il Consiglio d’amministrazione, gli
azionisti, la dirigenza dei sindacati e i lavoratori. Naturalmente, è presente anche
la Chiesa.
D. – Qual è la situazione sul terreno? Qual è l’atmosfera nelle
miniere? Sembra che la maggior parte dei lavoratori non sia tornata al lavoro …
R.
– Most of the workers, yes, indeed, are still on the mountain... Sì, la maggior
parte dei lavoratori sono ancora sulla montagna dove si riuniscono quotidianamente,
mentre una loro delegazione sta negoziando con la dirigenza. L’atmosfera lì è pacifica
e penso che l’aspettativa sia in una risposta positiva alle loro richieste da parte
della direzione.
D. – Lei è ottimista? Se non mi sbaglio, è previsto che i
colloqui si concludano venerdì?
R. – Yes, they should wrap today, actually.
... Sì, in realtà dovrebbero concludersi oggi [ieri, quindi]. Siamo davvero ottimisti
che ne uscirà qualcosa di positivo, perché è nel dialogo che si trovano le soluzioni.
Il fatto che le due parti si parlino, ci dà speranza.
D. – Il mondo intero
è rimasto scioccato dopo quella terribile sparatoria. Quali sono stati i sentimenti
nel Paese, quando la gente ha realizzato quello che era successo?
R. – I think
the Nation is upset, that in a democratic society... Penso che la nazione sia turbata
dal fatto che in una società democratica si spari alla gente senza aver subito provocazione.
Secondo l’autopsia, la maggior parte di queste persone sono state colpite a breve
distanza, cioè mentre stavano scappando, mentre alcune di loro sono state colpite
lontano dalla folla. La gente è arrabbiata per questo, perché si trattava di persone
indifese che stavano solo chiedendo il rispetto del diritto a salari equi.