Nuovo venerdì di proteste in Siria. L'Onu ad Assad: "Basta armi pesanti"
Nuove manifestazioni in Siria nel tradizionale venerdì di proteste. Almeno 53 le persone
uccise dalle forze governative. Tra le vittime anche 4 bambini. Lo riferiscono i Comitati
di coordinamento locali. Intanto un invito a deporre le armi rivolto ad entrambe le
parti arriva dal segretario generale Onu Ban Ki Moon che chiede anche al regime di
“smettere di usare artiglieria pesante”. Paolo Ondarza:
E’
dal vertice dei paesi non allineati in corso a Teheran che giunge l’appello del n.1
dell’Onu Ban Ki Moon al presidente siriano Assad. Basta con l’utilizzo di armi pesanti.
Ban chiede alle parti coinvolte di cessare ogni violenza. A margine dello stesso
summit la guida suprema iraniana Ali Khamenei punta il dito contro Stati Uniti e
Israele definiti ''i principali responsabili'' della crisi. Sul terreno oggi un nuovo
venerdì di proteste, la cui repressione da parte del regime, denunciano attivisti,
ha provocato 53 morti. 20 vittime solo a Damasco, tra queste 4 bambini. Violenti
scontri – riferiscono sempre i ribelli - anche all’aeroporto militare di Abu al Zhuhoor,
nella provincia di Idlib, dove almeno 4 jet sarebbero stati distrutti. Bombe del
regime nell’area circostante lo scalo avrebbero inoltre ucciso 6 persone. Oggi ad
Aleppo, seconda città più importante della Siria, le forze di opposizione hanno annunciato
la formazione di un Consiglio rivoluzionario transitorio. E in un video diffuso su
internet i ribelli dell’esercito libero della città assicurano di voler proteggere
i cristiani e le minoranze religiose della città invitando tutti ad unirsi nella lotta
contro il regime.
Secondo le Nazioni Unite, sono oltre un milione gli sfollati
in Siria e oltre 200 mila i rifugiati nei Paesi vicini, di cui 160 mila in Giordania.
E l’Unicef sottolinea che la metà sono bambini e adolescenti. Per giorni, parlare
al telefono o scambiare email con la Caritas locale è stato impossibile. Solo questa
mattina è stato ristabilito il contatto, come racconta, nell’intervista di Fausta
Speranza, Rosette Héchaimé, coordinatrice della Caritas del Medio Oriente:
R. – Proprio
stamattina sono riuscita, dopo aver provato per una settimana, a parlare con mons.
Audo, il vescovo caldeo residente ad Aleppo e presidente di Caritas Siria. Ha potuto
così dirmi che tutti i programmi che sono stati lanciati da alcuni mesi continuano,
nonostante enormi difficoltà. E’ molto difficile trovare gli aiuti alimentari o di
prima necessità, che si vorrebbe poter fare arrivare alla gente.
D. – La prima
necessità è quella alimentare, poi quali altre sono più urgenti?
R. – Soprattutto
quella alimentare ma adesso cominciano a mancare anche i prodotti igienici. Quando
ci sono questi conflitti e le persone si spostano da una parte all’altra, le condizioni
di vita nelle quali vivono non sono sempre le migliori. Bisogna provvedere ad un minimo
di cose che garantiscano standard sanitari sufficienti.
D. – Che cosa dire
delle condizioni in cui operano?
R. – Le condizioni in cui operano sono piuttosto
difficili, perché i combattimenti perdurano. Si sa che non sono combattimenti che
non durano 24 ore su 24 e che ci sono anche momenti di tregua, in cui la gente riesce
a spostarsi, riesce a fare rifornimento, ma non è facile, perché i prodotti mancano
ed è difficile trovare il necessario. Grazie a Dio, finora quello che si è voluto
fare si è sempre riusciti a farlo, senza che succedesse niente a nessuno. Evidentemente,
però, non è facile. La cosa sicura è che c’è uno smarrimento generale: i siriani non
capiscono più cosa sta succedendo. Qualche giorno fa i vescovi di Aleppo si sono ritrovati
proprio per fare un ennesimo appello al cessate il fuoco e per chiedere ai cristiani
di non prendere le armi, di non usarle, sapendo che la Chiesa non prende posizione
per una parte o per l’altra, ma che vuole la pace, la riconciliazione, la serenità
per tutti.