Il Papa: i politici agiscano con onestà, integrità e amore alla verità
“Perché i politici agiscano sempre con onestà, integrità e amore alla verità”: è l’intenzione
generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di settembre. Sul trinomio a cui
si richiama il Papa per una buona politica, Alessandro Gisotti ha intervistato
mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e presidente della
Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro:
R. – E’ interessante
questo trinomio: onestà, integrità e verità. Penso che ognuno di questi elementi dia
accentuazioni specifiche che messe insieme sottolineano un colore e insieme, alla
fine, formano un arcobaleno. L’onestà è la capacità di avere un cuore trasparente.
L’integrità è la coerenza dall’inizio alla fine, dalla mattina alla sera, in tutti
i giorni della settimana. La verità è l’aspetto di valore che è presente sia nell’integrità
che nell’onestà, è la capacità di volare alto. Per cui, in questa bellissima espressione,
“onestà, integrità e verità” si completano tutte e tre insieme.
D. – Quatto
anni fa, il Papa nella visita pastorale a Cagliari sottolineò la necessità di una
“nuova generazione di laici cristiani impegnati”. E’ qualcosa di cui oggi si sente
fortemente il bisogno…
R. – Moltissimo! Specialmente in questa fase. La partecipazione
a tutti i livelli - comune, provincia, regione, parlamento - è la realtà più preziosa
in questo momento. La voglia di starci, di esserci, di sentire che quello che viviamo
mi appartiene, ci appartiene. Per cui è importantissimo invitare in questo momento
i credenti a partecipare.
D. – Qual è il contributo specifico che il cristiano
può dare alla politica e più generalmente alla vita sociale?
R. – Credo che
il contributo più importante sia soprattutto la coerenza di vita. Poi, avere ideali
sempre alti e il gusto del bene comune. Questo discorso chiede sacrificio, chiede
qualità, onestà, chiede soprattutto la voglia di impegnarsi mettendoci dentro la nostra
esperienza nel vissuto, nel flusso della vita. Bisogna che i cristiani non abbiano
più paura, che non si “mettano al rifugio”, che non chiudano il loro cuore, ma che
siano capaci di impegnarsi nel vissuto, nella storia. Ne abbiamo un grande bisogno.
D.
– In questo tempo di crisi, crisi che non è solo economica, cosa ci si deve aspettare
da chi riveste incarichi politici, pubblici, a prescindere dalla loro fede?
R.
– Molto ascolto ai giovani. Oggi la precarietà li rende particolarmente fragili, a
tratti anche nervosi, e indubbiamente il rischio di una ribellione giovanile c’è sullo
sfondo come avviene in alcuni Paesi. Questa esperienza chiede a noi un grande, specifico,
contributo di attenzione. I problemi dei giovani purificano e insieme fecondano la
politica e la politica risponde al dramma della realtà giovanile.