Perdonanza celestiniana: mons. Molinari chiude le celebrazioni a Collemaggio
“S. Celestino ci ricorda ancora una volta che Gesù Cristo, con il suo sangue, ci ha
riconciliati con Dio, con noi stessi, con i fratelli e con la creazione intera. Ma
noi dobbiamo saper accogliere questo dono. E lasciarci trasformare da questo dono”.
Sono, queste, le parole pronunciate ieri sera da mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo
metropolita de l’Aquila, nell’omelia della celebrazione eucaristica di chiusura della
Porta Santa, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila. “Ricordiamo
oggi il martirio di S. Giovanni Battista”, ha detto mons. Molinari ripreso dall'agenzia
Sir, che come Celestino “ha messo Dio al primo posto” e Dio ha rischiato tutto pur
di non “tradire mai la verità” e non piegarla “alle proprie piccole visioni egoistiche”.
Se ogni cristiano, ha affermato mons. Molinari in conclusione alla Perdonanza Celestiniana,
“sapesse seguire Celestino nel suo ‘folle’ gesto di rinuncia e sapesse scegliere la
via dell’umiltà”, molta santità “avvolgerebbe la Chiesa intera”. Con il dono della
Perdonanza “S. Celestino ci spalanca, a nome della Chiesa, le porte di questo oceano
di misericordia che viene da quel Dio che già ci ha riconciliati in Cristo” con un
perdono che non è una “grazia a buon mercato” ma “esige la nostra collaborazione,
la nostra risposta, la nostra conversione”. La tradizione religiosa, collegata all'elezione
al soglio di Pietro di papa Celestino V nel 1294, prevede l’indulgenza plenaria per
quanti vi partecipano. Sul significato della Perdonanza celestiniana Fabio Colagrande
ha intervistato l'arcivescovo de L'Aquila, mons. Giuseppe Molinari.
R. - Questa
718.ma edizione della Perdonanza, come le altre, è sempre un richiamo forte agli aquilani
e a tutti quelli che vengono nella nostra città, al messaggio di Celestino, che è
il messaggio del Vangelo, della Misericordia, dell’amore di Dio. Un messaggio che
chiede, prima di tutto, conversione, rinnovamento interiore, ma che ha anche i suoi
effetti positivi, efficaci, forti, per le nostre situazioni di ogni giorno, per i
problemi e per le sfide che ci troviamo ad affrontare in questo momento. Lo ricordo
sempre a tutti: non è che la Perdonanza sia un messaggio che ci porta lontano dai
problemi di ogni giorno, ma, anzi, ci dà la chiave di lettura giusta per affrontare
le sfide quotidiane, per affrontarle in modo cristiano, con fiducia, con speranza.
Per impegnarci in quel rinnovamento interiore del cuore, che è la base fondamentale
per ogni altro rinnovamento. Perché, anche di fronte alle difficoltà, alle sfide di
oggi, non bastano le leggi, non bastano le ricette dei tecnici, le soluzioni economiche,
se non ritorniamo a quella sapienza del cuore, a quel rinnovamento dell’anima, che
Celestino esigeva già sette secoli fa, che poi è il messaggio del Vangelo.
D.
- Celestino V nel 1294 emanava questa Bolla pontificia: cosa significa oggi questo
gesto per i tanti aquilani e le tante persone che attraversano la Porta Santa della
Basilica di Collemaggio, in un momento così difficile dal punto di vista sociale ed
economico?
R. - Ho avuto la fortuna, la gioia, di partecipare a quasi a 60
Perdonanze, perché mi ricordo anche di quelle a cui partecipavo quando ero ragazzo,
poi seminarista, poi giovane sacerdote. Ed è un’esperienza sempre bella. È bello vedere
tanta gente, tanti fedeli, che si avvicinano al Sacramento della riconciliazione,
che cercano proprio in questo Sacramento, l’incontro con Dio e con i fratelli. Anche
in questo momento difficile, per la nostra città, sono sempre giornate di grande speranza.
Ci ritroviamo più uniti: cerchiamo tutti insieme di mettere via tutti quelli che sono
i nostri conflitti, i contrasti, in linea con quello che voleva Celestino. Perché
sette secoli fa, quando ha voluto la Perdonanza, non solo pensava ad un beneficio
spirituale, ma pensava a una città sorta da poco, dove purtroppo c’erano già delle
fazioni. C’erano stati degli scontri sanguinosi e con la Perdonanza si voleva anche
compattare meglio la città, renderla un popolo unito, un cuor solo e un’anima sola.
Speriamo che questo avvenga anche oggi e soprattutto che i cristiani de L’Aquila prima
di tutti sappiano ritrovare nel messaggio di Celestino, che è il messaggio del Vangelo,
la forza per andare avanti, per non cedere a nessuna forma di disperazione, per trovare
la capacità di ricostruire e di far rinascere questa nostra città.
D. - Sui
giornali non si parla forse neanche più dei terremotati dell’Emilia e del Nord Italia,
figuriamoci dei terremotati del 2009 in Abruzzo. Come sta la città?
R. - Sono
stati spesi due miliardi per le case più danneggiate e purtroppo questi lavori non
si vedono. Poi, sono stati spesi 200 milioni per i puntellamenti vari... Purtroppo,
però, quello che rimane agli occhi di tutti, degli aquilani e del mondo, che ci osserva
attraverso la televisione, è il centro storico che rimane come tre anni fa con tutte
queste puntellature, con tutte le macerie e le rovine che si vedono. Lì sembra che
niente sia cambiato. Ci auguriamo veramente che la città risorga interamente cominciando
anche dal suo centro storico, che è il volto principale di questa nostra città. Sì,
lo sappiamo, purtroppo siamo tutti portati a dimenticare: è stato dimenticato il nostro
terremoto, tante altre tragedie, quella dell’Emilia Romagna. Noi ci auguriamo che
tutti ricordino - soprattutto chi ha la responsabilità nella politica - che qui i
problemi sono ancora da risolvere, anche con la collaborazione massima da parte degli
aquilani. Questo lo ricordo a tutti.