Kenya. Il vescovo di Mombasa: il dialogo tra fedi più forte della violenza
“Non permetteremo all’intolleranza e al fanatismo di attecchire qui. La convivenza
tra musulmani e cristiani in Kenya ha radici profonde e non sarà spazzata via da pochi,
isolati, gruppi di violenti”: lo ha detto all'agenzia Misna mons. Boniface Lele, arcivescovo
di Mombasa, la città costiera teatro negli ultimi due giorni di proteste di giovani
musulmani e dell’assalto di ignoti a quattro chiese cristiane nel quartiere di Buxton.
“La rabbia, soprattutto dei giovani è stata dettata dalle modalità di un omicidio
efferato, ai danni di un influente esponente della comunità islamica” spiega il religioso,
dicendosi convinto che “l’apertura delle indagini da parte della polizia e il chiarimento
delle circostanze in cui è avvenuto l’attentato contribuiranno a stemperare le tensioni.
I crimini, ai danni di chiunque vengano commessi non restano impuniti”. Il vicario
tiene a sottolineare che storicamente, le relazioni tra diverse comunità di fedeli
in Kenya e soprattutto nella provincia costiera, perla dell’industria turistica keniana,
a maggioranza musulmana “sono sempre state contraddistinte da stima e rispetto reciproco”.
Per questo, prosegue mons. Lele “sono convinto che l’attacco contro le quattro chiese
(il Jesus Celebration Centre, il Neno Evangelism Centre, lo Ziwani Sda e il Pentecostal
Assemblies of God churches) sono da considerare “un incidente isolato” che non metterà
in crisi anni di dialogo e convivenza pacifica. Anche il primo ministro Raila Odinga
ieri è intervenuto sulla vicenda, additando “i nemici del Kenya” come i responsabili
dell’omicidio di Sheikh Aboud Rogo, già sulla lista nera di Stati Uniti e Gran Bretagna
poiché accusato di reclutare giovani da inviare a combattere in Somalia tra le file
degli insorti Al Shabaab. “Sospettiamo che dietro la sua uccisione si nasconda un
disegno volto a creare divisioni tra i keniani” ha detto Odinga, precisando che il
Paese, che nell’ultimo anno ha inviato i propri militari oltre il confine somalo “si
sia creato diversi nemici all’estero”. In seguito ai disordini, che hanno causato
almeno cinque vittime oltre alla distruzione di macchine, negozi e proprietà private,
le autorità hanno disposto l’arresto di 24 persone. Il magistrato ha stabilito che
resteranno in custodia fino al 3 settembre quando la corte si riunirà nuovamente per
deliberare sulla scarcerazione. I residenti dei quartieri più colpiti dalle violenze,
come Saba Saba e Majengo accusano la polizia di intimidazione e di aver reagito con
violenza per sedare le proteste. (R.P.)