Pakistan: il vescovo di Islamabad fiducioso per la liberazione di Rimsha Masih
Uno "sviluppo positivo" della vicenda che infonde speranza, ma il punto centrale è
"la fine degli abusi commessi in nome delle leggi sulla blasfemia" in Pakistan. Così
mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawapindi, commenta all'agenzia AsiaNews
l'esito del rapporto elaborato dalla Commissione medica sul caso di Rimsha Masih,
la bambina cristiana accusata per aver bruciato alcune pagine con impresse alcune
scritte tratte dal Corano. Intanto attivisti per i diritti umani e membri della società
civile criticano il sistema procedurale utilizzato dalla polizia, che ha incriminato
la ragazzina violando le norme previste dal codice, dietro pressioni della frangia
estremista islamica. Un modo di operare bollato come "legge della giungla" da alcuni
leader musulmani, che si uniscono all'appello dei cristiani e della comunità internazionale
per il suo rilascio. L'udienza per decidere sulla scarcerazione di Rimsha Masih, disabile
mentale cristiana incriminata per blasfemia, prevista per ieri è stata rimandata a
domani; alla base dello slittamento di un paio di giorni alcune questioni di natura
tecnica, nella presentazione dell'istanza della difesa relativa alla Commissione medica
giudicante. La bambina arrestata in uno slum di Islamabad soffre di un disordine mentale
e ha un fratello e una sorella più grandi. I genitori e il resto della famiglia sono
ancora vivi, ma sono nascosti in una località protetta nel timore di ritorsioni. Il
team di esperti, nominati dal tribunale di Islamabad, ha visitato la bambina per valutarne
l'età e le condizioni di salute. Dai primi risultati forniti al pubblico, emerge che
Rimsha Masih è minorenne, con un'età compresa "fra i 13 a i 14 anni". Per quanto concerne
le condizioni di salute, i medici hanno stabilito che l'età mentale non corrisponde
all'età anagrafica, ma questo non chiarisce "se la ragazza è da considerare disabile"
o meno a livello psicofisico. Si tratta comunque di due aspetti chiave per poter ottenere
il rilascio e far cadere le accuse pendenti a suo carico, in base alle quali rischia
fino al carcere a vita. Con molta probabilità il legale della giovane presenterà un
ricorso per ottenere la scarcerazione, visto che in base alla minore età e alle condizioni
di salute non sarebbe responsabile - anche nel caso in cui avesse strappato o bruciato
passi del libro sacro - del gesto compiuto a livello civile e penale. Per il vescovo
di Islamabad siamo di fronte a uno "sviluppo positivo", che porterà al trasferimento
del caso davanti a un tribunale minorile. "Preghiamo per il suo rilascio" aggiunge
ad AsiaNews mons. Rufin Anthony, che invita i parlamentari cristiani a prendere "iniziative"
per "fermare gli abusi" compiuti in nome delle leggi sulla blasfemia. "Domenica scorsa
abbiamo recitato una speciale preghiera per lei - conclude il prelato, rivolgendo
il pensiero a Rimsha - ed è tempo di restare uniti e batterci per la causa". Un appello
condiviso da Haroon Barket, che denuncia "violazioni" nell'apertura del fascicolo
di inchiesta della polizia, per le pressioni di elementi estremisti sulle forze dell'ordine.
"In Pakistan essere accusati di blasfemia - sottolinea - equivale alla condanna. Chiediamo
l'immediata scarcerazione di Rimsha Masih e una riforma delle leggi sulla blasfemia".
Alcuni movimenti islamici pakistani e leader religiosi di primo piano - tra cui la
All Pakistan Ulema Council (Apuc) e la Pakistan Interfaith League - sostengono la
causa della giovane cristiana; essi chiedono che sia liberata e venga prosciolta da
ogni accusa, perché insussistente alla prova dei fatti. Di contro, essi chiedono che
sia incriminato chi ha calunniato la ragazza e venga perciò perseguito dalla giustizia.
Intanto sono diverse centinaia le adesioni alla Campagna “Salviamo Rimsha Masih”.
Le adesioni alla Campagna, lanciata dall’Associazione Pakistani Cristiani in Italia,
“continuano a giungere da Europa, America Latina, Asia, Africa” dice all'agenzia Fides
il prof. Mobeen Shahid, presidente dell’Associazione. La campagna, rimarca “intende
salvare la vita di una bambina innocente ma è anche un’opportunità per riflettere
sulla condizione delle minoranze religiose in Pakistan, e per cercare di fermare le
azioni dei gruppi fanatici”. (R.P.)