2012-08-28 14:13:20

Speranze di pace in Colombia: avviati colloqui esplorativi tra il governo e le Farc


Si apre uno spiraglio di pace nella lotta tra i ribelli delle Farc, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, e il governo di Bogotà. Il presidente Santos ha annunciato l’avvio di “colloqui esplorativi” con i guerriglieri “perché – ha detto il capo di Stato – è un dovere perseguire la pace”. Secondo alcuni media sarebbe stato già sottoscritto un accordo a Cuba ma le trattative di pace dovrebbero partire ad Oslo in ottobre. Già in passato vi erano stati degli "avvicinamenti", ma questa volta potrebbe essere diverso. Lo sostiene Andrea Amato, giornalista esperto di Colombia, al microfono di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

R. - Le Farc sono in un momento di grande difficoltà. Quando sono nate nel 1964 da 34 campesinos hanno ottenuto, nei decenni successivi, sempre più consenso popolare soprattutto nel territorio non urbano ed agricolo della Colombia. Oggi sono in grave difficoltà; sono stati decimati, sono stati eliminati molti leader. Ma soprattutto c’è al governo Juan Manuel Santos, che rispetto a Alvaro Uribe, è molto più moderato. Uribe aveva sostenuto - anche finanziariamente - con l’aiuto di alcune leggi, le Auc, le Unità di autodifesa della Colombia, che erano paramilitari di destra proprio per contrastare le Farc. Santos è quindi un esponente più moderato pertanto questa potrebbe essere la volta buona, ma con i guerriglieri in Sud America, non c’è mai la certezza fino alla fine...

D. - E quale ruolo oggi invece può giocare il presidente venezuelano Chavez, visto che le Farc controllano vaste zone al confine con il Venezuela?

R. - Chavez è sicuramente una pedina importante, perché - fatto notorio - da sempre appoggia le Farc. Il fatto che anche Cuba si sia resa disponibile a fare da tramite, ad aiutare questo dialogo, fa ben sperare. Da sempre la voglia di Chavez - al di là dell’aspetto politico-ideologico di sostenere le Farc - è quella di diventare il leader di tutto il Sud America o del “Panamerica”, come lo chiama lui.

D. - In caso di risoluzione di questo conflitto e quindi di firma di un accordo di pace, si potrebbe considerare conclusa la lotta delle Farc?

R. - Il pericolo è che le Farc sanno benissimo che oggi il loro business è il traffico di cocaina, e quindi una resa militare gli farebbe perdere il controllo del territorio e di conseguenza quello del traffico di cocaina. Quindi potrebbe far saltare tutto l’accordo, proprio la voglia da parte delle Farc di rimanere opposizione, frangia estrema per riuscire a fare i loro interessi. Non credo che ci sia - o per lo meno negli ultimi momenti non c’erano state queste avvisaglie - una voglia di deporre le armi, di entrare in un arco costituzionale, quindi presentarsi alle elezioni, come sta cercando di fare l’Eta o l’Ira in Irlanda. Quindi questa è la vera incognita.

D. - I sequestri: su questo fronte quali novità ci sono? Ci sono ancora persone nelle mani delle Farc?

R. - Ci sono ancora – credo - meno di dieci persone. Però si sta trattando per la liberazione, quindi sicuramente prima degli incontri di Oslo o tra governo e Farc, è evidente che il primo gesto deve essere proprio quello di liberare queste persone.

D. - Mentre sul fronte del narcotraffico, loro restano sempre i detentori di questo traffico?

R. - Sono una delle forze maggiori proprio perché controllano il territorio in maniera capillare; quindi hanno il vantaggio del territorio.







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