Speranze di pace in Colombia: avviati colloqui esplorativi tra il governo e le Farc
Si apre uno spiraglio di pace nella lotta tra i ribelli delle Farc, Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia, e il governo di Bogotà. Il presidente Santos ha annunciato l’avvio
di “colloqui esplorativi” con i guerriglieri “perché – ha detto il capo di Stato –
è un dovere perseguire la pace”. Secondo alcuni media sarebbe stato già sottoscritto
un accordo a Cuba ma le trattative di pace dovrebbero partire ad Oslo in ottobre.
Già in passato vi erano stati degli "avvicinamenti", ma questa volta potrebbe essere
diverso. Lo sostiene Andrea Amato, giornalista esperto di Colombia, al microfono
di Benedetta Capelli:
R. - Le Farc
sono in un momento di grande difficoltà. Quando sono nate nel 1964 da 34 campesinos
hanno ottenuto, nei decenni successivi, sempre più consenso popolare soprattutto nel
territorio non urbano ed agricolo della Colombia. Oggi sono in grave difficoltà; sono
stati decimati, sono stati eliminati molti leader. Ma soprattutto c’è al governo Juan
Manuel Santos, che rispetto a Alvaro Uribe, è molto più moderato. Uribe aveva sostenuto
- anche finanziariamente - con l’aiuto di alcune leggi, le Auc, le Unità di autodifesa
della Colombia, che erano paramilitari di destra proprio per contrastare le Farc.
Santos è quindi un esponente più moderato pertanto questa potrebbe essere la volta
buona, ma con i guerriglieri in Sud America, non c’è mai la certezza fino alla fine...
D.
- E quale ruolo oggi invece può giocare il presidente venezuelano Chavez, visto che
le Farc controllano vaste zone al confine con il Venezuela?
R. - Chavez è sicuramente
una pedina importante, perché - fatto notorio - da sempre appoggia le Farc. Il fatto
che anche Cuba si sia resa disponibile a fare da tramite, ad aiutare questo dialogo,
fa ben sperare. Da sempre la voglia di Chavez - al di là dell’aspetto politico-ideologico
di sostenere le Farc - è quella di diventare il leader di tutto il Sud America o
del “Panamerica”, come lo chiama lui.
D. - In caso di risoluzione di questo
conflitto e quindi di firma di un accordo di pace, si potrebbe considerare conclusa
la lotta delle Farc?
R. - Il pericolo è che le Farc sanno benissimo che oggi
il loro business è il traffico di cocaina, e quindi una resa militare gli farebbe
perdere il controllo del territorio e di conseguenza quello del traffico di cocaina.
Quindi potrebbe far saltare tutto l’accordo, proprio la voglia da parte delle Farc
di rimanere opposizione, frangia estrema per riuscire a fare i loro interessi. Non
credo che ci sia - o per lo meno negli ultimi momenti non c’erano state queste avvisaglie
- una voglia di deporre le armi, di entrare in un arco costituzionale, quindi presentarsi
alle elezioni, come sta cercando di fare l’Eta o l’Ira in Irlanda. Quindi questa è
la vera incognita.
D. - I sequestri: su questo fronte quali novità ci sono?
Ci sono ancora persone nelle mani delle Farc?
R. - Ci sono ancora – credo -
meno di dieci persone. Però si sta trattando per la liberazione, quindi sicuramente
prima degli incontri di Oslo o tra governo e Farc, è evidente che il primo gesto deve
essere proprio quello di liberare queste persone.
D. - Mentre sul fronte del
narcotraffico, loro restano sempre i detentori di questo traffico?
R. - Sono
una delle forze maggiori proprio perché controllano il territorio in maniera capillare;
quindi hanno il vantaggio del territorio.