Corte europea contro Legge 40 su diagnosi pre impianto. Scienza e vita: deriva eugenetica
“Il diritto alla vita del concepito è un diritto assoluto”. Lo afferma il prof.
Lucio Romano, presidente dell’Associazione Scienza e Vita commentando la sentenza,
non ancora definitiva, della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che ieri
ha bocciato la Legge 40 in merito alla diagnosi preimpianto degli embrioni. In particolare,
la Corte si è espressa sul ricorso di una coppia, portatrice sana di fibrosi cistica,
che chiedeva di accedere a tale metodica per avere un bambino sano. “E’ una tecnica
che di per sé porta ad una deriva eugenetica”, ha sottolineato Romano. Gabriella
Ceraso lo ha intervistato:
R. – La legge
40 impedisce il ricorso alla diagnosi genetica pre-impianto, che come si sa si pratica
sull’embrione prodotto con tecniche di fecondazione artificiale, prima che venga trasferito
in utero. Ciò contempla una sovrapproduzione di embrioni crioconservati - e lì sorge
un problema di ordine giuridico, etico e sociale - ben consapevoli che la tecnica
di per sé non dà assoluta certezza, per quanto riguarda i risultati, perché ci possono
essere anche dei falsi negativi e dei falsi positivi.
D. – Perché proibirla
alle coppie fertili affette o portatrici di una malattia genetica?
R. – Per
una non assoluta certezza della diagnosi stessa, ma anche per ragioni di ordine etico,
perché porterebbe a una selezione degli embrioni secondo criteri e valori precostituiti,
criteri di non eticità. Io potrei portare tantissimi esempi, in cui si fa richiesta
di diagnosi genetica pre impianto non per malattie genetiche, ma anche per altri motivi,
tipo la scelta del fattore RH, che sicuramente danno un’impostazione eugenetica.
D.
– Spesso, com’è accaduto anche in questo caso, nei ricorsi si assiste alla contrapposizione
al diritto del nascituro con diritti, o presunti tali, della coppia...
R. –
Eviterei di porre l’argomento in termini di grandi contrapposizioni. Noi abbiamo un
dato di fatto: il diritto alla vita del concepito è un diritto assoluto. Il rischio
è quello appunto di poter inserire nell’ambito del nostro vivere una deriva eugenetica
e un atteggiamento liberista, che porta evidentemente a cancellare il diritto assoluto
alla dignità, alla vita di ogni soggetto, in particolare del concepito.
D.
– Come rispondere, invece, a quanti considerano eccessivo il ritenere questa sentenza
o questo episodio, effettivamente un passo verso una deriva eugenetica...
R.
– Non è eccessivo. Anche se vogliamo rivolgerci alla puntualizzazione della tecnica
stessa, noi sappiamo che la tecnica di per sé porta a una selezione degli embrioni,
che una volta prodotti in numero, come dicevo, significativo, in parte comunque evidentemente
moriranno. Non solo moriranno per l’approccio con la tecnica stessa della diagnosi
genetica pre-impianto, ma potranno evidentemente subire delle conseguenze tali che
saranno inidonei al trasferimento. Stiamo parlando di embrioni che sono, chiaramente,
clinicamente sani.