Settimana mondiale dell’Acqua. Santa Sede: non semplice merce, ma bene destinato
a tutti
Si è aperta ieri a Stoccolma la 22.ma Settimana mondiale dell’Acqua organizzata dallo
“Stockholm International Water Institute”. La settimana è stata istituita dalle Nazioni
Unite nel 1991 con l’obiettivo di far riflettere sui numerosi problemi legati all’utilizzo
di questo bene essenziale. Per questa edizione del 2012, organizzata in collaborazione
con la FAO, i lavori si concentreranno sul tema “Acqua e sicurezza alimentare”. Nel
marzo scorso, partecipando al sesto Forum Mondiale dell’Acqua a Marsiglia, in Francia,
il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace aveva ribadito che l’acqua, come
“elemento essenziale per la vita”, va considerata “non una semplice merce, bensì un
bene destinato a tutti”. Per questo, il dicastero vaticano, per “promuovere l’attuazione
del diritto all’acqua” nei Paesi in via di sviluppo, invitava la comunità internazionale
“ad adottare modalità innovative di finanziamento”. Tra queste, ipotizzava “quella
rappresentata dai capitali ricavati da un’eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie”.
Per una riflessione sulle problematiche al centro dell’evento, Marco Guerra
ha intervistato Guido Barbera, presidente del Cipsi, Coordinamento che riunisce
38 Ong di solidarietà e cooperazione internazionale:
R. – L’acqua
e l’alimentazione sono gli elementi essenziali per la vita di tutte le persone del
pianeta e di fronte alla situazione attuale – con oltre 7miliardi di persone da alimentare
e dissetare – stiamo vivendo una gravissima situazione, in fase di peggioramento continuo,
di insufficienza e difficoltà sia nell’accedere all’acqua potabile, sia di far fronte
alle necessità alimentari. Si prevede purtroppo che nel 2050, superando i 9 miliardi
di persone, la necessità di acqua e di cibo saranno più del 70 o addirittura del 100
per cento superiori alle attuali.
D. – Ci sono anche notizie positive. Il
mondo ha infatti raggiunto con un anticipo di 3 anni l’obiettivo del millennio, che
prevedeva di dimezzare la percentuale di persone senza accesso all’acqua potabile...
R.
– Questo risultato annunciato dalle Nazioni Unite per l’obiettivo del millennio, lascia
un po’ perplessi, semplicemente perché molto spesso basta spostare la distanza a cui
si trova l’acqua: se prima erano 2 chilometri per avere l’acqua potabile, basta ridurla
ad 1 e c’è molta più disponibilità d’acqua. Ma purtroppo troppa gente, ancora oggi,
sta vivendo veramente una gravissima difficoltà all’accesso all’acqua.
D.
– In sintesi, quali sono le principali sfide che ci riserva il futuro circa la gestione
delle risorse idriche?
R. – Il vero problema da affrontare oggi è un problema
legato ad una volontà politica di far fronte al problema di accesso all’acqua e di
alimentazione nel mondo. L’acqua c’è in grande quantità e dobbiamo saperla proteggere
qualitativamente e quantitativamente, questo è il compito della politica. Oggi, però,
l’acqua è vista come una merce, come un bene sul quale fare profitto. Non a caso,
ancora oggi non sono le Nazioni Unite che si occupano di acqua, ma è un meccanismo
misto gestito da privati, dalle grandi multinazionali, che organizza il forum mondiale
dell’acqua. Sono fonti economiche che si preoccupano di questo bene e che ostacolano
anche il concetto di acqua come diritto e come bene comune. Non basta la dichiarazione
dell’Assemblea delle Nazioni Unite dell’estate scorsa che riconosce il diritto all’acqua,
dobbiamo arrivare a un riconoscimento da parte dei governi del diritto all’acqua,
ad una responsabilità politica nel fare leggi a protezione dell’acqua come diritto
e come bene comune e di mettere nelle Costituzioni dei vari Paesi il diritto all’acqua.
Riconoscerlo come bene comune vuol dire partecipare alla gestione di questo bene,
non lasciarlo semplicemente ai privati, non lasciarlo semplicemente al pubblico, ma
essere corresponsabili nella gestione.