Sri Lanka: Chiesa denuncia gravi violazioni dei diritti umani contro tamil e cattolici
Centinaia di migliaia di profughi ancora da reinsediare, militari sul territorio,
"buddhizzazione" del popolo, divieti di celebrare servizi di preghiera, cimiteri di
guerra profanati. Questo è il drammatico quadro del post-guerra civile nel nord dello
Sri Lanka, descritto dalla Commissione di giustizia e pace della diocesi di Jaffna
(Cjpcdj), in un comunicato ufficiale citato da Asianews. Nel documento, la Cjpcdj
accusa il governo di presentare una realtà diversa e spiega che la popolazione della
Northern Province subisce soprusi fisici e psicologici di vario tipo, che limitano
la libertà d'espressione e violano i diritti umani fondamentali. A questo, si aggiunge
l'incapacità di riuscire a ottenere giustizia, una condizione che "giorno dopo giorno
sta esaurendo le speranze della gente" per la costruzione di una comunità giusta,
democratica e pacifica. Tra i problemi più urgenti da risolvere, la Cjpcdj indica
le migliaia di profughi ancora senza una casa, la presenza militare sul territorio,
la mancanza di aiuti da parte del governo per intraprendere attività. A questo si
aggiungono una serie di abusi fisici e psicologici, che fanno vivere la gente in un
clima di costante tensione: distruzione dei cimiteri di guerra, divieto di celebrare
servizi di preghiera per le vittime di guerra, furti, saccheggi e omicidi. Infine,
è in corso una specie di spersonalizzazione culturale della popolazione, per lo più
tamil e cattolica. Questo avviene attraverso vari tentativi di imporre il buddismo,
offrendo lavoro e privilegi solo a chi sostiene in modo aperto il governo, terrorizzando
le persone, minacciandole di morte. Invece di ammettere e affrontare la realtà dei
fatti, sottolinea la Cjpcdj, il governo pensa ad allargare e asfaltare le strade,
a costruire nuovi ponti, ad avviare i lavori per ampliare la rete ferroviaria; aprire
nuove banche, centri commerciali e alberghi; rinnovare e modernizzare i parchi. Questo
agli occhi di un visitatore o un delegato straniero appare come la prova che il nord
si sta sviluppando in modo rapido, dopo una guerra durata 30 anni. La Cjpcdj dà poi
alcuni numeri, che provano l'evidente discrepanza tra la realtà dei fatti e quanto
viene raccontato alla comunità internazionale. Secondo il governo dello Sri Lanka,
dei circa 300 mila sfollati prodotti dalla guerra il 95% è già stato reinsediato,
provvisto di una casa e di ogni servizio necessario. Solo poche migliaia (3-5 mila
persone) vivono ancora nei campi profughi, ma nel giro di tre o quattro mesi anch'essi
saranno reinsediati. Tuttavia, il rapporto Onu sui presunti crimini di guerra commessi
dalle forze armate nelle fasi finali del conflitto (2009) dà numeri diversi. Secondo
il documento, nei distretti di Jaffna, Kilinochchi, Mullaitivu e Mannar 117.888 persone
devono ancora essere reinsediate in modo permanente. Di queste, 18.589 sono a Vavuniya,
4.928 a Mannar e 94.371 a Jaffna. Un numero consistente di profughi vive con amici
e parenti. La Commissione giustizia e pace della diocesi di Jaffna indica infine alcune
mosse da intraprendere al più presto: fornire un'amministrazione civile reale e non
solo di facciata, impedire all'esercito di intromettersi nella vita quotidiana della
gente, allontanandolo dagli uffici pubblici e dalle scuole, elezioni democratiche,
garantire l'indipendenza della magistratura, assicurare sicurezza e protezione ai
prigionieri tamil, in particolare per quelli richiusi nel sud del Paese. (M.G.)