Mons. Tomasi: cresce l'intolleranza contro i cristiani, anche in Occidente
La crescente sete di giustizia e di democrazia dei popoli: su questo argomento è intervenuto
al Meeting di Rimini mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra. Il presule ha parlato anche delle crescenti
violenze anticristiane che si stanno verificando nel mondo. Ascoltiamolo al microfono
di Debora Donnini:
R. - Purtroppo
c’è un incremento di intolleranza religiosa: alle volte è lo Stato che limita la libertà
dei credenti, altre volte è la società - magari con la connivenza del sistema giudiziario
o delle autorità politiche - che perseguita letteralmente le comunità credenti, che
siano esse cristiane o di un’altra minoranza religiosa, si tratta però di un fenomeno
molto sparso. Ci sono delle inchieste sociologiche, c’è un’evidenza ormai ben documentata,
dove si mostra che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato nel mondo
di oggi, cioè il gruppo che vede più limitati i suoi diritti, per una ragione o per
l’altra. A volte si arriva all’estremo, per esempio in Nigeria dove vengono fatte
scoppiare bombe nelle Chiese la domenica, approfittando delle persone che vanno a
Messa per pregare o a celebrare il loro culto. Altre volte si verificano situazioni
in cui le comunità cristiane sono forzate all’esilio dovuto alla violenza, com’è capitato
in Iraq e come sta capitando in Siria in questo momento, quando si perseguitano o
si puniscono i cristiani, o perché sono visti come alleati dell’Occidente o come delle
persone che hanno appoggiato un regime o l’altro. Alla fine però la vera ragione è
la diversità di fede. Quindi, oggi ci troviamo in una situazione, non solo nel Medio
Oriente o in Africa - come in Nigeria e in Somalia, dove c’è stato anche il caso di
bombe gettate contro i cristiani in Kenya - ma anche in altre parti del mondo, come
in India, dove alcuni gruppi fanatici induisti hanno attaccato comunità cristiane.
Dobbiamo guardare un po’ la mappa del mondo e vediamo che ci sono queste espressioni
violente, conflittuali contro comunità religiose, che portano alla disgregazione sociale
oltre che al danno recato a queste persone.
D. - Anche in Occidente, dove non
ci sono forme di persecuzione così violente, ci sono forme di attacco o forme di restrizione
alla libertà religiosa…
R. - Nella cultura occidentale la strategia è di dire
o di pensare, che la religione è un impedimento alla libertà individuale. Però, ci
si dimentica il fatto che da parte di quegli Stati, o di quei gruppi culturali o sociali
in una nazione - che vogliono eliminare qualsiasi ruolo pubblico della religione -
vengono violati in quella maniera i diritti dei credenti. Quindi, abbiamo una situazione
contraria a quello che viene affermato: non è il gruppo religioso che impedisce l’attuazione
del diritto di qualcuno, ma è la posizione pubblica che viene a limitare il diritto
di coloro che credono o che hanno una fede religiosa. E’ una strategia piuttosto sottile,
però molto efficace, perché alla fine impedisce la possibilità che i valori cristiani
possano avere un loro ruolo nelle decisioni pubbliche.