2012-08-22 15:40:27

Un'altra effrazione al centro di don Puglisi: "Un'intimidazione, ma non molliamo"


‘Nessuno fermerà il nostro lavoro.’ Sono determinati, al Centro di accoglienza "Padre Nostro", che sorge nel quartiere palermitano di Brancaccio e che è stato fondato 19 anni fa da don Pino Puglisi. I volontari, che oggi continuano il lavoro del sacerdote ucciso dalla mafia nel ’93, futuro Beato, non intendono cedere alle minacce che ieri si sono concretizzate nell’ennesimo furto, questa volta al centro polivalente sportivo, dove sono state divelte le persiane esterne e gli infissi in alluminio. Francesca Sabatinelli ha intervistato il presidente del Centro di Accoglienza, Maurizio Artale:RealAudioMP3

R. – Il Centro polivalente sportivo è la concretizzazione del sogno di Puglisi: voleva creare uno spazio ludico per i bambini di Brancaccio. Abbiamo impiegato 18 anni per farlo. Finalmente, ci siamo riusciti. Quattro giorni prima dell’inaugurazione (lo scorso maggio - ndr) rubano i cavi dell’impianto elettrico. Quello è stato il primo messaggio, della serie: “Voi siete a Brancaccio? E noi ci siamo, pure”. Abbiamo ripristinato tutto e abbiamo fatto l’inaugurazione. Subito dopo, sempre i "soliti ignoti" entrano dentro e svaligiano tutta l’attrezzatura nuova. L’ultima cosa che ci hanno fatto è stata appunto portare via, ieri, gli infissi. Ma, a questo punto, io mi chiedo: c’è così tanta intelligence per sgominare persone come Riina, Provenzano, e non si riesce a prendere quattro ragazzetti? Allora, secondo me, non c’è la volontà perché si ritiene che siano ragazzate. Ma il danno peggiore è fare passare un messaggio ai ragazzi di Brancaccio, e cioè che quella continua a rimanere una zona franca. La mafia controlla il territorio, questi ragazzetti vengono mandati al Centro Padre Nostro a fare queste cose perché nessuno, a Brancaccio, si può permettere di compiere un reato senza il beneplacito di chi comanda la zona.

D. – Quindi, lei esclude categoricamente che possa trattarsi di semplice furto, e ci legge dietro, senza equivoci, il messaggio mafioso?

R. – Assolutamente sì. Non ci può essere ombra di dubbio. Io mi chiedo ancora oggi: ci sono state circa 80 denunce per atti di vandalismo, per furto, per minacce di morte, e in 19 anni non ne hanno mai preso uno... Ciò è proprio prendere sottogamba la problematica. E allora io mi chiedo ancora: ma ci deve scappare per forza il morto?

D. – Chi di voi ha ricevuto minacce di morte?

R. – Io. Nel 2007, ho ricevuto una telefonata nella quale mi hanno detto: “Se continui ad andare al Centro Padre Nostro ti spariamo in bocca”. Ma noi vogliamo o no dimostrare a Brancaccio che, dopo l’uccisione di Puglisi, ci siamo messi di buona lena a prendere anche il piccolo malavitoso? Dobbiamo fare capire che a Brancaccio è cambiata la musica, è cambiata la legge. Non c’è più la mafia, c’è lo Stato che governa.

D. – Ma questo è un desiderio o siete riusciti a far sì che il messaggio passasse?

R. – No, questo ancora non è passato. Se ancora c’è gente che dorme sui balconi, a Brancaccio, e che non fa una chiamata pur vedendo chi, la notte, smonta le finestre e se le porta via, vuol dire che il messaggio non è passato. Vuol dire che non è passato nemmeno il bell’atto che ha fatto la Chiesa nella proclamazione di Beatificazione. Vuol dire che ancora Brancaccio, come Palermo, non si merita un Beato come Puglisi…

D. – Il messaggio di don Puglisi non ha tempo, il messaggio di don Puglisi ha avuto e ha tuttora una forza incredibile. Ma perché lei, nonostante le minacce, nonostante il rischio, sta continuando?

R. – Puglisi almeno una cosa ce l’ha lasciata, cioè quel “se ognuno fa qualcosa”. La mattina tu ti svegli e devi dare un senso alla tua vita. O ti metti in coda con tutti gli altri e fai finta che attorno a te non succede niente, oppure c’è uno che ti ha svegliato la coscienza, come padre Puglisi, e che ti dice: “Senti, non sta bene che tu faccia 365 comunioni l’anno, che frequenti le aule liturgiche e preghi, se poi nella tua vita quotidiana non ti comporti da buon cristiano”. Ecco, questo è il messaggio che ci lascia don Puglisi. E tutti i giorni io continuo ad andare a Brancaccio.

D. – Chi sono i bambini che vengono da voi al Centro?

R. – Quelli che noi abbiamo intercettato sono i bambini indignati per quello che è successo ieri, sono i bambini che fanno i campi scuola. A Brancaccio ci sono bambini che a 15 anni già sono papà e mamme. La prima cosa che pensano di fare è portarli al Centro Padre Nostro, e che dicono: “Io sono cresciuto al Centro e pure mio figlio deve crescere al Centro”. Ma i loro nonni, i loro padri, purtroppo, non sono così.

D. – Sieti stanchi? Volete mollare?

R. – No! A mollare non ci pensiamo neanche. Però, è pur vero che dobbiamo mettere un punto a questa storia. Non mi stanca il fatto che mi rubino le cose, mi stanca che gli organi preposti non diano e non facciano la loro parte: prendere queste persone e punirle. Poi, se è necessario mandarle al Centro Padre Nostro per il recupero, ce li pigliamo. Noi non vogliamo siano presi, arrestati e fatti marcire in galera, vogliamo parlare con loro.







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