La Russia è a tutti gli effetti nel Wto da oggi, giorno in cui entra in vigore il
protocollo di accesso all'Organizzazione mondiale del commercio, firmato il 16 dicembre
scorso a Ginevra dopo 18 anni di negoziati. Stando alla Banca Mondiale, l'ingresso
della Russia nel Wto le garantirà ogni anno un 3.3% in più del Pil nei primi tre anni,
con percentuali probabilmente superiori in seguito. Nell’intervista di Fausta Speranza,
la valutazione dell’economista Alberto Quadrio Curzio:
R. – Ci sarà
un miglioramento nel senso di un contenimento dei livelli dei prezzi delle merci importate
in Russia e quindi necessariamente anche delle merci nazionali, perché aumenterà la
concorrenza venendo meno quelle barriere protezionistiche che certamente in passato
hanno caratterizzato l’economia russa. E ci sarà anche un incremento del reddito totale,
perché ci saranno anche maggiori investimenti esteri che andranno a radicarsi in Russia,
proprio perché l’apertura dei mercati facilita anche il radicamento degli investimenti
esteri.
D. – Che cosa significherà invece per gli altri Paesi del Wto?
R.
– Per quanto riguarda le esportazioni degli altri Paesi - in particolare di quelli
sviluppati - verso la Russia, ci saranno dei benefici e tuttavia questi benefici non
saranno di grandissime dimensioni per due ragioni: uno perché la popolazione russa
non è grandissima, circa 140 milioni di persone, e ancor di più perché la distribuzione
del reddito e della ricchezza all’interno della Russia è molto diseguale e ci sono
dei ceti ancora in condizione di indigenza se non addirittura di povertà. Queste persone
non potranno certamente aumentare la loro domanda di prodotti cosiddetti occidentali.
Il vantaggio maggiore che ne deriverà invece ai Paesi occidentali sviluppati è una
maggiore facilità nel realizzare investimenti, soprattutto nel settore dell’estrazione
delle materie prime e delle risorse energetiche: aspetti che, indubbiamente, hanno
grandi valenze per i Paesi occidentali.
D. – Il prossimo membro a pieno titolo
del Wto sarà la Cina? Sappiamo che bussa da tempo, ma ci sono difficoltà e anche implicazioni
politiche…
R. – La Cina, formalmente, è entrata nel Wto nel 2001, e tuttavia
il contenzioso tra Cina e gli altri Paesi del Wto continua perché alla Cina non è
ancora stata riconosciuta la qualifica piena di economia di mercato. La ragione è
che, appunto, l’economia cinese è un misto tra un sistema centralizzato e per molti
aspetti collettivista, e da un altro lato una economia di mercato. La seconda ragione
sta nei contenziosi sulla tematica delle esportazioni dei manufatti degli altri Paesi
verso la Cina, che hanno sempre delle difficoltà, o casi di dumping da parte
della Cina verso gli altri Paesi. [si indica con il termine dumping una procedura
scorretta di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero ad un prezzo
inferiore rispetto quello del medesimo prodotto sul mercato di origine]. Inoltre,
negli ultimi tempi c’è anche la questione delle cosiddette "terre rare" di cui la
Cina è largamente dotata [terreni con minerali particolari] e che servono sia nell’elettronica,
sia nella bionica sia in tante altre manifatture ad altissima specializzazione che
i Paesi occidentali portano avanti e che quindi necessitano di queste "terre rare",
che la Cina non intende più esportare o che intende esportare in misura molto limitata.
D. – In piena crisi globale, tra voci di appello alla politica perché si riprenda
un ruolo rispetto a finanza e mercati, abbiamo qualcosa da dire anche a proposito
di questa Organizzazione mondiale del commercio?
R. – Tutto sommato, ha funzionato
abbastanza bene. Naturalmente, di tanto in tanto emergono critiche molto marcate perché
Paesi in via di sviluppo ed emergenti accusano – e in parte credo giustamente – i
Paesi sviluppati di porre in essere dei protezionismi più o meno occulti, soprattutto
con riferimento ai prodotti agricoli. Poi, ci sono anche taluni Paesi emergenti che
hanno già una buona votazione manifatturiera, si lamentano per il protezionismo dei
Paesi sviluppati, in particolare degli Stati Uniti e dell’Europa, con riferimento
ai prodotti manifatturieri.