Il nunzio in Siria: calpestato nel Paese il diritto umanitario internazionale
Rispetto del diritto umanitario internazionale da parte di tutti i belligeranti, amarezza
per la fine della Missione Onu in Siria: così, ai nostri microfoni, mons. Mario
Zenari, nunzio apostolico a Damasco. Fausta Speranza ha intervistato il rappresentante
vaticano sulla situazione in Siria, chiedendogli anche di commentare anche le parole
del presidente Usa Obama, che è tornato a chiedere l’uscita di scena di Assad, affermando
di non escludere un intervento se il regime dovesse usare armi chimiche:
R. – Non sta
a me entrare nei dettagli di quello che dice Obama. Io direi che in questo momento
bisogna esigere da tutte le parti in conflitto il rigoroso rispetto del diritto umanitario
internazionale, che come vediamo è andato a pezzi, per colpa sia degli uni che degli
altri, entrambi i belligeranti. Quello che occorre esigere in questo momento è il
rispetto dei limiti che sono già fissati dal diritto umanitario internazionale. Rimaniamo
tutti senza parole. E’ difficile per tutti fare commenti, siamo un po’ tutti sbalorditi
e profondamente rattristati, preoccupati anche per il futuro. Anche la partenza dei
caschi blu della missione di osservatori delle Nazioni Unite è stata un colpo triste.
Tre-quattro mesi fa si era riposta un bel po’ di fiducia nella loro missione e ora
questa partenza ci piomba ancora in questa realtà. Però, la comunità internazionale
non deve lasciare, deve continuamente tentare. Adesso speriamo che il nuovo inviato
possa ancora ricucire.
D. – Si parla sempre di più di una guerra civile con
dinamiche di tensione tra sunniti, sciiti e altre forze che vanno al di là delle ragioni
della rivoluzione, del vento della cosiddetta “primavera araba”. La richiesta di democrazia,
più rispetto di diritti umani è stata la spinta iniziale di questa rivolta. Però,
sembra che adesso il conflitto, la guerra civile, abbia preso tutt’altro carattere.
E’ così?
R. – Purtroppo, c’è l’impressione e la paura generale che le cose
stiano sfuggendo di mano… Io vorrei rifarmi a una dichiarazione che in questi giorni
ha fatto il nuovo inviato delle Nazioni Unite, Lakhdar Brahimi, che ha detto: sì,
il mediatore può facilitare la pace, però in fondo sono i siriani che devono cercare
e trovare le vie della pace. La comunità internazionale, beninteso, deve aiutare,
però occorre che i "compiti a casa" siano fatti dagli stessi siriani. Trovare questo
cammino della pace è una cosa molto ardua, che costerà sacrifici, una cosa dolorosa,
ma è una cosa che non possono fare altri al posto dei siriani, bisogna incoraggiarli
veramente: che tutti i gruppi etnici e religiosi trovino insieme il cammino della
pace. C’è anche l’apporto delle nostre comunità cristiane e sto vedendo qua e là l’apporto
dei cristiani. In questa situazione così tragica la missione dei cristiani di essere
per vocazione costruttori di ponti è molto chiara e ci sono qua e là begli esempi.
Sto vedendo, non solo a livello personale, testimonianze molto belle, eroiche, anche
a livello di comunità parrocchiali. Ci sono laici e giovani impegnati in questa missione
- molto urgente e molto necessaria in questo momento - che è proprio quella dei cristiani,
di costruire dei ponti.