Tensione tra Cina e Giappone per la sovranità sulle isole Senkaku
Cina e Giappone ai ferri corti dopo che 150 nazionalisti giapponesi sono sbarcati
ieri su una delle isole Senkaku, chiamate Diaoyu da Pechino, da sempre contese tra
Repubblica Popolare e Tokyo. Il gruppo ha sventolato la bandiera nipponica, suscitando
le immediate proteste cinesi. L’ambasciatore giapponese a Pechino è stato interpellato
con la richiesta di porre fine a quella che viene definita un attentato alla sovranità
della Cina. Manifestazioni anti-giapponesi in tutto il Paese. Sulle origini di questa
contesa, Giancarlo la Vella ha intervistato Stefano Vecchia, esperto
di Estremo Oriente:
R. – Nasce dalla
conquista coloniale del Giappone all’inizio del XX secolo. Successivamente, dopo il
secondo conflitto mondiale, alcune aree del Mar Cinese meridionale sono rimaste fuori
dalle mappe geopolitiche e questo ha portato, ad esempio, le isole, chiamate Senkaku
in giapponese e Diaoyu in cinese, ad essere appunto al centro di un’aspra contesa
tra Repubblica Popolare Cinese e Giappone, come anche, più a Nord, le isole Takeshima-Dokdo,
contese tra Giappone e Corea del Sud.
D. – Attualmente, quali istituzioni governano
questo arcipelago?
R. – Attualmente la responsabilità del gruppo di isole è
giapponese e fa parte della prefettura di Okinaua, quella più meridionale dell’arcipelago
giapponese. Delle cinque isole, tre sono di proprietà di un imprenditore nipponico,
le altre due invece non hanno un’attribuzione formale. Su queste due isole si concentra
da un lato il nazionalismo giapponese, che cerca di inglobarle al proprio territorio
e, dall’altro, invece il nazionalismo cinese, che ne fa periodicamente un elemento
di tensione.
D. – E’ solo un problema ideologico, dunque, o sotto c’è qualche
altro interesse che contrappone Pechino e Tokyo?
R. – Vi sono entrambe le problematiche.
E’ una questione ideologica, che riguarda i due nazionalismi, ma ci sono anche questioni
concrete. Non a caso i problemi si riaccendono quando o a Pechino o a Tokyo ci sono
particolari necessità politiche. In questo momento il governo giapponese è in difficoltà
e va verso elezioni anticipate; dall’altro, in Cina il Partito comunista si avvia
verso un Congresso, ad ottobre, fondamentale, perché definirà la leadership del Paese
per i prossimi dieci anni.
D. – C’è il rischio che questa contesa diventi qualcosa
di più grave?
R. – Il rischio è sempre presente. L’elemento nazionalistico
ha una forte componente nella crescita di questi Paesi. Lo è stato per il Giappone,
lo è oggi per la Cina e lo è oggi per la Corea, ad esempio. Quindi, il rischio è sempre
presente.
D. – C’è il pericolo che si possa arrivare a far ricorso, sia pur
localmente, alle armi?
R. – C’è un rischio, per quanto mitigato in modo efficace
dalle diplomazie, dagli interessi comuni, tenendo presente che un altro attore internazionale
come gli Stati Uniti è indirettamente interessato alla questione, nel senso che a
loro volta sono obbligati da una serie di trattati a difendere anche militarmente
Paesi come Taiwan e come il Giappone, come la Corea del Sud e come le Filippine.