Crisi: inizia settimana di incontri sulla crisi greca. Berlino: no eurobond per Bce
La Banca centrale tedesca ribadisce il "no" all’acquisto di bond di Paesi "a rischio"
da parte della Bce. Una soluzione del genere – sostiene – dovrebbe essere decisa solo
a livello di governi e parlamenti, mentre la proposta è giunta dal presidente Bce,
Draghi. In vista dell’incontro oggi a Berlino, tra il ministro degli Esteri tedesco
e l’omologo greco, dalla capitale tedesca si ribadisce che non ci saranno nella sostanza
ammorbidimenti degli accordi presi con Atene e si denuncia un impatto crescente della
crisi anche sull’economia tedesca. Intanto, il premier italiano, Mario Monti, ha affermato
che si intravede la fine della crisi. Ma la fine della crisi non può significare tornare
al sistema che così funzionava fino a tre anni fa. Lo spiega l’economista Paolo
Guerrieri, docente all’Università La Sapienza di Roma, nell’intervista di Fausta
Speranza:
R. – Saremo
sicuramente in Europa in un territorio assai diverso, se usciamo dalla crisi. Avremo
in qualche modo un’area monetaria con una politica economica e quindi con una politica,
per esempio, di tipo fiscale a livello europeo, oltre naturalmente a ciò che rimarrà
della sovranità dei singoli Paesi. Sarà, dunque, una cosa completamente diversa. Oppure,
purtroppo, avremo qualcosa che nessuno auspica, e cioè una disintegrazione e quindi
una tensione a livello europeo. Anche a livello mondiale, per uscire da questa fase
di ristagno bisognerà in qualche modo trovare formule dove i grandi Paesi abbiano
la capacità di concertare le loro politiche economiche. E’ infatti una sorta di "condanna"
a cooperare quella prodotta dal sistema che si è andato configurando con l’ingresso
di nuovi Paesi. L’ingresso è positivo perché significa che miliardi di persone potranno
in qualche modo, anch’essi, usufruire di un relativo benessere. Ma in realtà, perché
questo benessere poi sia realizzabile, ci vuole appunto questo nuovo approccio alla
politica economica internazionale.
D. – Mettiamo a fuoco la questione domanda-offerta.
Che cosa c’è di sbilanciato?
R. – C’è una domanda complessiva che langue e
quindi ristagna in Europa, ristagna negli Stati Uniti e nell’economia mondiale. Una
semplice operazione di creare moneta e di sostenere tutta questa domanda non è servita
laddove è stata tentata e non servirebbe. Bisogna trovare dei nuovi motori di crescita.
Per alimentare questa domanda, bisogna investire a questo punto risorse pubbliche
e private, ma soprattutto trovare nuove aree di investimento, perché nell’area avanzata
pensare di resuscitare un modello di puro consumismo è una pia illusione. Sono mercati
saturi quelli avanzati e invece ci sono molte aree – pensiamo alla sanità, pensiamo
alla mobilità, pensiamo alla ricerca – che avrebbero grandi capacità di offrire nuove
opportunità di crescita. Gli investimenti, però, che servono oggi non vengono fatti
né a livello pubblico né a livello privato, perché la domanda è bassa. Bisogna, dunque,
rompere questo circolo vizioso.
D. – Parliamo del braccio di ferro tra Germania-Grecia,
che però non è bilaterale poiché coinvolge tutta l’Europa. In questi giorni, sembrano
emergere sempre più "buchi" dai bilanci greci. La Germania chiede garanzie e la Grecia
chiede tempo, perché non ce la fa. Che cosa dire di questa settimana che inizia e
che passa per l’ennesima settimana cruciale?
R. – E’ chiarissima una cosa:
o l’area monetaria, l’area dell’euro, si rilancia nel suo insieme o anche l’uscita
di un piccolo Paese come la Grecia ne può decretare e ne decreterà in qualche modo
la sua estinzione. Il problema della Grecia non è il Paese in sé, ma è quello che
rappresenta, perché se esce la Grecia comincerà una scommessa su chi sarà il prossimo
e, a questo punto, nessuno dei Paesi, più o meno deboli, resisteranno. Il problema
naturalmente della Grecia rappresenta la possibilità di dare a questo Paese il tempo
per fare i dovuti aggiustamenti, che sono di grandissima rilevanza e anche difficilissimi.
La Grecia ne ha fatti alcuni e non ne ha fatti altri, ma è chiaro che se non le si
dà del tempo è come se la si condannasse a un sicuro fallimento e quindi all’uscita.
Questo, però non avrebbe una conseguenza disastrosa solo per la Grecia, ma – ripeto
– non c’è nessuna possibilità che l’area dell’euro sopravviva all’uscita anche di
un solo e piccolo Paese. Quindi, è vitale trovare un accordo. Bisogna trovare un compromesso.
Bisogna trovare, naturalmente, un compromesso, che significa aggiustamento in Grecia,
ma anche un nuovo modo di considerare questi aggiustamenti. Ci vuole tempo e ci vogliono
risorse, altrimenti non se ne farà niente.