2012-08-18 13:54:00

Mons. Zuppi: don Nicolini, "amico dei Rom", ha abbattuto il pregiudizio


Si sono svolti, stamani nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, i funerali di don Bruno Nicolini, per oltre 50 anni impegnato nella pastorale per i Rom e Sinti in Italia. Don Bruno - ha affermato il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci – si è fatto “ultimo con gli ultimi”. Anche la Fondazione Migrantes della Cei ricorda con emozione don Nicolini e sottolinea che, con la sua morte, i Rom perdono “un padre e un amico”. I funerali di don Bruno Nicolini sono stati celebrati dal vescovo ausiliare di Roma, mons. Matteo Zuppi, che – al microfono di Federico Piana – ne ricorda la figura e la testimonianza evangelica:RealAudioMP3

R. – Don Bruno Nicolini era un uomo innamorato del Vangelo, del suo servizio presbiterale, e forse proprio per questo era innamorato degli zingari. Da Bolzano era venuto a Roma e lavorando in segreteria di Stato aveva trovato la sua vera passione, quella di stare per strada di essere vicino a quelli che più di tutti erano considerati con distanza e con pregiudizio. Era con gli zingari come il Buon Samaritano. Don Bruno cercava di essere sempre vicino a loro e di rendere vicina la Chiesa, la maternità della Chiesa a questi uomini a queste donne che purtroppo vivono in condizioni spesso di grande rifiuto e di estrema difficoltà.

D. - Don Bruno iniziò a occuparsi di Rom e Sinti nel ’58 quando fondò l’Opera nomadi a Bolzano…

R. - E’ stata una grandissima intuizione perché promosse la difesa dei diritti del popolo Rom. Direi che è stata senz’altro la prima istituzione in Italia che ha parlato di integrazione, per esempio dei bambini rom a scuola. E’ stata la prima istituzione che ha cercato di garantire ai rom aree di sosta e l’Opera nomadi è stata la prima che per esempio ha garantito e ha aiutato l’integrazione dei bambini rom nella scuola.

D. - Altro momento importante nella vita di don Bruno Nicolini è quando nel ’64 fu chiamato da Papa Paolo VI proprio per continuare ad occuparsi dei Rom nella capitale…

R. - Lui era officiale nella segreteria di Stato, si occupava dei Rom e organizzò questo straordinario incontro con Paolo VI nel 1966. E’ come se l’avessi rivissuto nell’amicizia con don Bruno perché nel suo racconto era ancora pieno di commozione, soprattutto per un motivo: gli zingari capivano la maternità della Chiesa, capivano che il Papa gli voleva bene. Le parole che Paolo VI rivolse agli zingari in quella occasione, parole di un affetto, di un’attenzione, di una sensibilità straordinaria... erano proprio quelle che don Bruno desiderava, che gli zingari sentissero la Chiesa come loro madre.

D. - Qual è dunque in sintesi l’eredità che don Bruno ci lascia?

R. – La passione per la Chiesa, per il Vangelo e per gli ultimi. E gli zingari purtroppo sono spesso gli ultimi perché in molti casi nei confronti degli zingari il pregiudizio è forte. Noi, ci insegna don Bruno, dobbiamo amare i poveri per quello che sono, il Signore ci chiede di amare i poveri e di riconoscere i fratelli più piccoli, senza chiedergli né certificati penali né certificati fiscali né certificati di bontà o di cattiveria, bisogna volergli bene e basta. In don Bruno dobbiamo riconoscere un testimone che ci ha insegnato e ci ha aiutato ad amare e a conoscere e anche a valorizzare la grande tradizione, la grande cultura dei Rom. L’Opera nomadi ha saputo anche in questo dare un grande valore alla cultura Rom e insegnarci a capire l’identità del popolo Rom.







All the contents on this site are copyrighted ©.