Sudafrica: il dolore della Chiesa per la strage di 36 minatori uccisi dalla polizia
Sale a 36 il numero dei minatori rimasti uccisi, ieri, in scontri con le forze dell’ordine,
avvenuti nella miniera di platino di Marikana, in Sudafrica. Il commissario della
polizia ha affermato che i poliziotti hanno sparato per ''difendersi'' dai minatori
armati di machete e spranghe, che erano in sciopero per chiedere salari migliori.
Il presidente sudafricano, Zuma, ha lasciato d'urgenza il summit della Comunità di
sviluppo dell'Africa australe, Sadc, a Maputo per recarsi a Rustenburg, nei pressi
della miniera. I vescovi del Paese parlano di “scioccante escalation di violenza”
e di tragica perdita di vite umane, assicurando la loro preghiera per le famiglie
delle vittime. Fausta Speranza ha parlato con padre Gianni Piccolboni,
della Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo, impegnata
nella zona della miniera a 100 km da Johannesburg:
R. – Ho telefonato
qualche minuto fa in Sudafrica, dove c’è padre Nell McCalagh, che è il parroco della
zona nella quale noi Stimmatini siamo presenti da circa un anno, e lui ha messo a
fuoco la situazione. Afferma che non si sa esattamente come siano scoppiate queste
rivolte. Probabilmente, sono due le questioni concatenate: una è la lotta tra forze
sindacali e l’altra è la richiesta di un aumento di stipendio. Il padre, che aveva
visto che stava succedendo qualcosa, non poteva circolare nella zona, ma ha visto
questo bagno di sangue, la gente lasciata sul terreno… Anche i nostri padri sono desolati,
non sanno cosa fare perché non possono entrare, non possono portare aiuto … Quindi,
è veramente una situazione drammatica.
D. – Cerchiamo di capire la situazione
sociale: questi minatori rivendicano salari che non arrivano, si parla di una caduta
del valore del platino anche in Borsa, si parla di una miniera che non produce più
come prima, ma che comunque è terza produttrice al mondo di platino …
R. -
Sì. E’ quotata a Londra, ma ci sono dentro anche degli share-holders, cioè
dei partner locali. Voi sapete che dove ci sono miniere, la situazione è sempre disastrosa.
Io sono stato in giugno proprio in quella zona, ho girato con la macchina e ho visto
le miniere di platino: c’è troppa gente senza organizzazione! Ci sono 30 mila persone
in tutta la zona che è lontana dal centro abitato. Allora, adesso la compagnia – così
mi ha detto il padre – ha cercato di costruire diverse barracks, come si chiamano
questi accampamenti per le famiglie, dove promuovono un po’ l’idea che ci sia la famiglia.
Mi hanno detto che danno dei sussidi, per chi vuole costruirsi la casa un po’ lontano
dalla miniera, in modo da poter realizzare casa e famiglia. Ma ancora la situazione
non va. Dove ci sono le miniere, sia quelle d’oro sia quelle di platino, ci sono sempre
luoghi dove negli ultimi 50 anni si sono sviluppati tanti dissidi e disordine e criminalità.
Subentra un po’ tutto quando uno sta male perché la casa è malmessa... lavorare sotto
terra è una cosa pazzesca e l’uomo che torna poi in superficie non è più quello di
prima, è un uomo nervoso, diventa impaziente … Avrebbero diritto, come sarebbe giusto,
ad uno stipendio che fosse almeno adeguato al lavoro che fanno. Si creano tensioni
e c’è tensione sempre a fior di pelle. Si vedono privati dei loro diritti, costretti
a vivere in condizioni disumane … Il salario che ricevono non è proporzionato al lavoro
che fanno: lavorare otto ore giù in miniera è una cosa pazzesca!
D. – E dunque
dobbiamo dire che l’apartheid, con tutto quello che significava, è superata nelle
normative anche se rimangono strascichi pesanti e poi c’è un’apartheid diversa: non
tra bianchi e neri ma tra ricchi e poveri …
R. – Non è poi che sia finita nemmeno
l’apartheid tra bianchi e neri: non è ancora finita nemmeno quella! Ci sarà bisogno
di tanto tempo … C’è un piccolo miglioramento, il cammino che il Sudafrica sta compiendo
è interessante, ma c’è bisogno sempre di riconciliazione, di promuovere iniziative
di riconciliazione. Però, la battaglia tra poveri e ricchi, questa ci sarà sempre.
E purtroppo, anche l’Occidente ha la sua parte di responsabilità, nel senso che le
compagnie che vanno ad investire in Sudafrica, l’Anglo American, De Beers, tutte le
grandi compagnie, nessuna va per niente, nessuna va per fare opere sociali: ognuna
va perché ha degli interessi. Quando gli interessi vengono a mancare, ovviamente,
stringono sul povero, ed è sempre stato così ...