All'ex premier spagnolo Felipe González il Premio De Gasperi
Il premio internazionale Alcide De Gasperi, intitolato ai “costruttori dell'Europa”
e istituito dalla Provincia autonoma di Trento, sarà assegnato quest’anno il 5 settembre
a Felipe González Márquez, premier spagnolo in carica dal 1982 al 1996 sotto il cui
mandato la Spagna entrò, nel 1986, nella Comunità economica europea. Si tratta di
un riconoscimento ad uno dei principali protagonisti della transizione della Spagna
dalla dittatura alla democrazia, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco
il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai:
R. – Gonzalez
ha guidato la Spagna in un periodo difficile, l’ha guidata su coordinate profondamente
europeiste. Ha avuto un ruolo molto importante proprio di accompagnamento di un Paese,
come la Spagna, verso le forme della democrazia. Credo che in questo abbia esercitato
quella funzione di equilibrio, di moderazione, di gradualità, che sono caratteristiche
tipiche dello stile, dello spirito degasperiano, naturalmente su coordinate di cultura
politica diverse da quelle di De Gasperi. Il premio vuol essere un rinconoscimento
rivolto anche a chi ha culture politiche diverse da quelle di matrice cattolica democratica,
ma ugualmente concorre a quell’ideale di democrazia e di Europa che stava nel cuore
e nella mente di Alcide De Gasperi.
D. – In Italia, in questa particolare fase,
il rifiuto della vecchia politica si accompagna ad una rinnovata spinta popolare.
Si possono intravedere nuovi spazi e opportunità per le forze di centro?
R.
– Sì, perché abbiamo visto dove ci ha portato una certa impostazione di berlusconismo
da un lato e di antiberlusconismo dall’altra. Questa idea di un bipolarismo un po’
muscolare spesso ci ha portato alla fine della politica. Dunque certamente c’è lo
spazio a condizione, però, che quando si usa la parola centro non si usi una specie
di parola vuota e a condizione anche di non essere nostalgici. La politica e la storia
non si fanno guardando indietro, bisogna guardare avanti. Per centro io credo dobbiamo
intendere proprio lo spirito degasperiano e cioè quel realismo riformatore che De
Gasperi ci ha informato; il recupero di una cultura politica di cattolicesimo democratico,
di centro riformatore, credo che sia anche nell’assoluto interesse del nostro Paese.
D.
– Quali le prospettive di questo centro ‘realistico’? Verso dove guarda?
R.
– Innanzitutto, guarda verso i tanti milioni di cittadini italiani che non ne possono
più di questo concetto della politica e di questa articolazione della politica. Bisogna
evitare che scivolino verso l’antipolitica. Noi dobbiamo guardare soprattutto a questo,
dobbiamo uscire da questa logica della politica fatta solo nei talk show, fatta solo
di slogan, fatta solo di promesse vane; dobbiamo riprendere in mano il cammino faticoso
che è tutto in salita per questo nostro Paese. Io credo che poi dovremmo trovare alleati
che insieme con noi, insieme con questa idea di centro riformatore condividano il
percorso. De Gasperi si definiva sempre un uomo di centro che guarda a sinistra, nel
senso che io penso che questo nostro Paese abbia bisogno di una grande larga alleanza
di tutti i riformismi dentro i quali però non può mancare - questo è il problema -
un riformismo di matrice cattolico-democratica che deve e può dare ancora molto al
nostro Paese.
D. - Per raggiungere questo obiettivo serve un nuovo attivismo
dei cattolici in politica...
R. – I cattolici devono capire che la loro presenza
in politica è un fatto importante, bisogna che tornino ad elaborare, a sviluppare
pensiero, a sviluppare strategie utili, per il bene comune. Per fare questo nessuno
può pensare che si ritorni alle forme superate di un partito cattolico, che rappresenti
in esclusiva il mondo cattolico italiano. Certamente, la strada del pluralismo è la
strada che ancora dal Concilio dobbiamo seguire. Ma pluralismo non vuol dire però
insignificanza. Ecco perché io credo che sia molto importante il dialogo che sta partendo
anche in questi giorni. Avremo un’occasione anche il 19 di agosto a Trento con il
ministro Riccardi, con Bonanni, con il presidente delle Acli, Olivero. Sono tutte
occasioni di confronto che danno l’idea di una sorta di risveglio, di attenzione verso
la politica da parte di ampi settori del mondo cattolico. C’è bisogno di questo, c’è
bisogno di farlo con laicità, senza coinvolgere impropriamente ambiti ecclesiali che
hanno un ruolo totalmente diverso, ma in dialogo con loro. C’è bisogno di proseguire
su questa strada però con grande coerenza, con grande impegno e io sono convinto che
tutto questo sia nell’interesse del Paese.