Cinque Paesi arabi invitano i propri connazionali a lasciare il Libano
Cinque Paesi arabi del Golfo hanno chiesto ieri ai loro cittadini di lasciare il Libano,
a causa dei rischi per la sicurezza legati all'aggravarsi della crisi in Siria. Si
tratta di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Kuwait. I cinque Paesi
hanno invitato alla prudenza i concittadini che non possono rientrare in patria. I
rischi sono legati a possibili rappresaglie di sciiti (vicini agli alawiti di Assad)
contro Paesi a maggioranza sunnita, che sarebbero più vicini ai ribelli. Dei motivi
di preoccupazione Fausta Speranza ha parlato con padre Samir Khalil Samir,docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph
di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:
R. – Si capisce
questa reazione, anche considerando che sempre più profughi arrivano in Libano, che
è un Paese piccolo, che ha una situazione fragile. Ci sono persone simpatizzanti del
regime che appartengono agli sciiti, altri che sono su posizioni opposte e appartengono
ai sunniti, altri sono cristiani e sono preoccupati qualunque siano gli sviluppi.
La situazione libanese è sempre molto delicata e il minimo cambiamento altrove può
ripercuotersi sulla situazione libanese. Questo da sempre.
D. – Che cosa dire
di questi equilibri tra sciiti e sunniti? Sappiamo che la famiglia di Assad, presidente
della Siria, è alawita, una fazione degli sciiti…
R. – L’11 per cento della
popolazione siriana è alawita, appartiene allo sciismo ed è collegata, da una parte,
anche politicamente all’Iran, e dall’altra ad Hezbollah. Questo fatto crea una difficoltà
in tutto il Medio Oriente perché purtroppo sunniti e sciiti sono in qualche modo contrapposti
ancora più di quanto si possa immaginare di musulmani e cristiani proprio perché appartengono
alla stessa tradizione ma non sono d’accordo tra di loro. La rivoluzione in Siria
è nata come un’opposizione simile a quella in Tunisia, Libia e Egitto, cioè una reazione
contro la dittatura per una maggiore libertà e uguaglianza tra tutti, ma ora sta diventando
una reazione di sunniti contro sciiti. Anche il sostegno della Turchia viene a confermare
questo. Per questi motivi la situazione in Siria è esplosiva e non si vede come arrivare
a una formula che possa unire.
D. – Quale può essere una via d’uscita in questo
contesto?
R. – L’unica via è quella di dire: vogliamo vivere come cittadini
indipendentemente dalle nostre tradizioni religiose. Ma il Medio Oriente non è preparato
a questo e l’unica via d’uscita, non solo per la Siria ma anche per l’Egitto e ovviamente
per il Libano, è trovare una soluzione dove ogni gruppo abbia pieno diritto ad avere
la propria tradizione, i propri costumi, ecc., che ci sia una linea comune che rispetti
la religione senza appartenere a una fazione religiosa.