Ilva. Clini: a rischio sistema industriale italiano. Mons. Santoro: bonificare subito
per salvare il lavoro
Vicenda Ilva: presentati al Tribunale del Riesame due ricorsi da parte dell’azienda
contro gli ultimi provvedimenti del Gip di Taranto, Patrizia Todisco. Per il presidente
dello stabilimento siderurgico, Bruno Ferrante, l’ordinanza del Gip che ha imposto
di fermare gli impianti sequestrati “si sostanzia nell’usurpazione dei poteri attribuiti
ad altri organi giurisdizionali”, come Riesame e Procura. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
Il futuro dell’Ilva
è sempre più incerto. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha escluso per il momento
un decreto d’urgenza per non sovrapporre ulteriori procedure. Intervenendo alla Camera
ha affermato che, con “l'incertezza sui ruoli generata dall'azione della Procura”,
è a rischio il sistema industriale italiano. Per il governo, che sta valutando se
sollevare il conflitto di attribuzione, la finalità – ha aggiunto il ministro Clini
- è chiarire i termini dei ruoli, non aprire un conflitto con la magistratura. L'Organizzazione
Mondiale della Sanità è pronta ad assistere l'Italia negli studi di valutazione sui
rischi per la salute relativi all’Ilva e collaborerà al monitoraggio ambientale della
città di Taranto. La situazione è da seguire con molta attenzione ed il governo -
ha detto il ministro della Salute Renato Balduzzi - elaborerà una strategia sanitaria
per Taranto, condivisa con la Regione. Già nel 1997 uno studio commissionato dall’allora
ministro Edo Ronchi aveva rilevato aumenti della mortalità per tumore nell'area di
Taranto paragonabili a quelli trovati in questi mesi.
Si devono evitare contrapposizioni
e soprattutto conciliare salute e lavoro, come sottolinea al microfono di Luca
Collodi l’arcivescovo di Taranto mons. Filippo Santoro:
R. - Lavoro
e salute non possono essere in opposizione. Nella situazione attuale, vediamo seriamente
minacciata la possibilità del lavoro, e seriamente attaccata la salute. Per cui, una
soluzione che potrebbe essere realizzata è quella di continuare l’esperienza lavorativa,
altrimenti 15 mila persone perderebbero il posto di lavoro. In tempi di crisi, una
disoccupazione in massa è un problema molto grave e già ci sono molte famiglie che,
angosciate, vengono a visitarmi. Dall’altro lato, l’iniziativa della magistratura
ha messo in evidenza - più di quanto non lo sapessimo - la gravità dell’attacco alla
salute fatto dalle emissioni che contaminano l’ambiente. Il mio giudizio è che lo
Spirito ci illumini in una soluzione che contempli l’attenzione ai due aspetti. E
penso che se lo Stato decide di intervenire, si può dare continuità al lavoro, mettendo
però in atto subito le bonifiche richieste e auspicate.
D. - Perché su una
fabbrica come l’Ilva, vitale per l’economia italiana, si deve arrivare a Ferragosto
con uno scontro tra poteri dello Stato?
R. - C’è qualcosa che non funziona.
Quello che ho auspicato da subito è che la questione dell’Ilva fosse considerata come
questione nazionale. Alla mia prima partecipazione all’Assemblea generale della Cei
- sono a Taranto dall’inizio di gennaio - dopo la prolusione del cardinale Bagnasco
che insisteva sul tema del lavoro, ho detto che volevo e voglio collocare questa vertenza
come elemento di condivisone per tutta la Chiesa italiana. Perciò, il primo aspetto
che ha reso grave e quindi è venuto ad essere un elemento turbativo di questa estate,
è stato proprio quello di aver lasciato il problema limitato ad una situazione locale.
D.
- Quindi la vertenza dell’Ilva, mons. Santoro, è un esempio di cattiva gestione del
bene comune?
R. - Certamente. È un esempio del predominio dell’interesse particolare
sull’interesse del bene comune.
D. - I lavoratori dell’Ilva sembrano però spaccarsi
tra chi difende la salute e chi il lavoro...
R. - Sembrano spaccarsi, ma anche
qui, obbediscono più ad orientamenti – diciamo - “politici”: voglio vedere cosa rispondono
quelli che non difendono il posto di lavoro davanti alla prospettiva di essere mandati
via, di essere licenziati. Il mio orientamento è che serve un sacrificio comune, per
il bene di tutti. Quindi, che lo stabilimento continui la produzione - magari ridotta
- e che l’intervento dello Stato ponga in atto da subito le misure che tendono a realizzare
le bonifiche, senza dilazionare più quest’azione di miglioramento di un’industria
sostenibile. Perciò, una riduzione della produzione, un sacrificio - ma allo stesso
tempo - un intervento deciso senza procrastinare nulla nell’azione delle bonifiche.