Siria: scontri vicino Damasco e ad Aleppo, rinviato summit della Lega araba
Nuova giornata di violenti scontri in Siria. Il capo degli osservatoridelle
Nazioni Unite parla di “violenza in aumento in molte zone del Paese, da imputarsi
ad entrambe le parti in conflitto”. L’opposizione denuncia oltre 100 vittime nelle
ultime 24 ore, e mentre si combatte in diverse località, continuano i bombardamenti
sulle roccaforti dei ribelli nella provincia di Damasco. Il servizio di Marco Guerra:
I principali
focolai restano Aleppo e la provincia di Damasco. Qui l’esercito continua a martellare
le roccaforti dei ribelli con incessanti bombardamenti. Particolarmente colpiti i
distretti meridionali della capitale, mentre scontri si registrano a Nord-est e nella
città vecchia di Damasco sono stati eseguiti numerosi arresti. Dal canto loro gli
insorti rivendicano l’abbattimento di un Mig governativo nei cieli di Dayr az Zor.
Si registra poi l’ennesima defezione tra le file della diplomazia siriana: il segretario
permanente presso la sede Onu a Ginevra ha annunciato il suo passaggio fra le schiere
dell’opposizione. Intanto è stallo sul fronte della diplomazia internazionale, a seguito
del rinvio, a data da destinarsi, della riunione della Lega Araba che ieri avrebbe
dovuto dare il via libera alla nomina dell’algerino Brahimi a inviato speciale per
la Siria, dopo le dimissioni di Kofi Annan. Alla luce della gravità della situazione
ci si chiede dunque quanto ancora possa durare il regime di Assad. Antonella Palermo
lo ha chiesto a Renzo Guolo, decente di Sociologia delle Religioni all’Università
di Padova:
R. – Dipende soprattutto dalla coesione interna delle forze di sicurezza,
delle forze armate. Abbiamo visto che, nelle ultime settimane, sono aumentate le fughe.
Il vero nodo è la fedeltà dei sunniti, nel senso che i sunniti costituiscono anche
la maggior parte delle truppe coscritte e quindi sono il nerbo del potere e della
leva di forza del regime. Se si rompesse definitivamente questo equilibrio, anche
perché il conflitto assume una matrice sempre più identitaria che in qualche modo
richiede l’appartenenza alla propria comunità di origine, è chiaro che il regime non
potrebbe durare a lungo. E’ anche vero, però, che contrariamente al caso libico, qui
abbiamo la Russia da una parte, a livello diplomatico, e l’Iran, sicuramente non solo
a livello diplomatico ma anche a livello di appoggio tattico, strategico e militare,
a fianco del regime, come si è visto anche l’altro giorno con la missione dell’inviato
dell’ayatollah Khamenei, Jalili, a Damasco.
D. – Quanto questa nomina del
diplomatico algerino Brahmi, che ancora non è stata ufficializzata, come inviato speciale
per la Siria, potrà effettivamente dare una svolta dal punto di vista diplomatico...
R.
– La missione di Annan si è arenata oltre che sul veto russo, a livello internazionale,
anche su una certa ritrosia della comunità internazionale a coinvolgere l’Iran nella
gestione della vicenda. Una possibile soluzione non può che tenere conto realisticamente
degli equilibri geopolitici della regione. Il nodo è se chi appoggia gli insorti sunniti
sia disposto in qualche modo ad andare ad una trattativa con l’Iran sui futuri equilibri
dell’area. Qualora questo venisse fatto, forse potremmo giungere ad una soluzione
diplomatica, altrimenti purtroppo il meccanismo è destinato ad avvitarsi, perché non
dimentichiamo che lo scontro per procura è anche tra Iran e Arabia Saudita.