Fame causata dalla finanziarizzazione dell’agricoltura: vertice a Londra
Un summit, ieri a Londra, sulla fame nel mondo in coincidenza con la cerimonia di
chiusura dei Giochi Olimpici. Lo ha voluto a porte chiuse tra leader mondiali, il
premier britannico David Cameron a Dowing Street, per promuovere “una nuova alleanza
in tema di sicurezza alimentare e di nutrizione per aiutare 50 milioni di persone
ad uscire dalla povertà nei prossimi 10 anni”. Fausta Speranza ha parlato della
questione dei prodotti agricoli con Marco De Ponte, segretario generale di
Action Aid Italia, organizzazione impegnata nel promuovere iniziative a sostegno dei
Paesi del Sud del mondo:
R. – Si tratta
sempre più di una crisi di un mercato – quello agricolo in particolare – che ha avuto
degli sviluppi particolarmente importanti negli ultimi cinque-sei anni, e dobbiamo
ricordarci, peraltro, che in realtà le stime della Fao su quanto servirebbe per sconfiggere
la fame in tutto il mondo, dal punto di vista delle risorse finanziarie, rendono il
problema ridicolo: si parla di una quarantina di miliardi di dollari che è una cifra
infinitesimamente minore rispetto a quella che si impiega per i salvataggi delle banche
o dei debiti sovrani dei Paesi europei o per problemi di questo genere. I prezzi dei
prodotti agricoli negli ultimi mesi si stanno alzando; ci si potrebbe anche domandare:
“Ma come mai il fatto che i prezzi dei prodotti agricoli aumenti diventa un problema
per gli agricoltori, cioè per chi in realtà produce e dovrebbe guadagnarci?”. Non
dimentichiamoci che è soprattutto nelle zone rurali che la fame si fa sentire maggiormente.
E, in realtà, questo succede perché i prezzi dei prodotti agricoli sono fatti nelle
grandi extensions, nelle grandi fattorie – detto in parole semplici – dove
si produce in grandi quantità. Quindi, i prezzi sono dettati da aziende multinazionali,
non dai piccoli agricoltori che uno per uno producono un’offerta equilibrata di questi
prodotti. Quindi, in realtà questa è la grande ironia: la crisi dei piccoli produttori
agricoli è legata al loro scarso potere di acquisto, nonostante i prezzi a cui si
vendono i prodotti agricoli. Infatti, avendo poche risorse economiche in generale,
riescono comunque meno a stare sul loro mercato, a comprarsi le sementi per l’anno
successivo, a comprare i diserbanti, insomma, tutto quello che serve per le loro piccole
produzioni. E rimangono prigionieri nelle mani dei grandi produttori che hanno acquistato
grandi estensioni di terra, che hanno la capacità di avere in stock grandi quantità
di quanto serve e di immetterlo sul mercato a loro piacimento, facendo anche fluttuare
i prezzi. Quindi, questa dinamica della finanziarizzazione dell’agricoltura ha un
impatto che è sicuramente molto diverso dall’impatto della crisi che viviamo noi.
La nostra crisi non è direttamente legata alle dinamiche che vediamo soprattutto nei
Paesi poveri dove il problema è la capacità dei piccoli agricoltori di stare sui mercati,
rispetto alle grandi aziende.
D. – Non è debellata la fame nel mondo ma sicuramente
le caratteristiche della distribuzione sul territorio in qualche modo cambiano. Come
fotografare oggi il drammatico fenomeno?
R. – La prima cosa da sottolineare
e da rammentare sempre è che la fame in certi Paesi non è, come si tende a dipingerla,
il frutto di qualche cosa che non è andata bene, in particolare la sfortuna di un
cattivo raccolto o di piogge mancate o cose di questo genere, ma è sempre più un fenomeno
che è legato appunto alla finanziarizzazione dell’agricoltura. Ormai si scambiano
beni nel settore agricolo, a partire dalle sementi e poi anche dai prodotti veri e
propri, alla Borsa, come si fa per qualsiasi altra commodity che si possa scambiare
sul mercato. Quindi i grandi attori di questo commercio riescono a fare e a controllare
i prezzi, schiacciando i piccoli agricoltori che invece non hanno la stessa capacità
negoziale. Questo crea fortissimi squilibri e, quindi, come in tante questioni legate
alla lotta alla povertà, in particolare la lotta alla fame, si può fare cercando di
mettere un freno o di porre delle regole in modo tale che questi forti squilibri di
potere tra gli attori delle politiche agricole vengano in qualche modo attenuati.
Quindi, la fame è una questione di giustizia, non di sfortuna. E questo è il primo
e più importante messaggio, forse, da cui partire.