2012-08-12 09:51:14

Fame causata dalla finanziarizzazione dell’agricoltura: vertice a Londra


Un summit, ieri a Londra, sulla fame nel mondo in coincidenza con la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici. Lo ha voluto a porte chiuse tra leader mondiali, il premier britannico David Cameron a Dowing Street, per promuovere “una nuova alleanza in tema di sicurezza alimentare e di nutrizione per aiutare 50 milioni di persone ad uscire dalla povertà nei prossimi 10 anni”. Fausta Speranza ha parlato della questione dei prodotti agricoli con Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid Italia, organizzazione impegnata nel promuovere iniziative a sostegno dei Paesi del Sud del mondo:RealAudioMP3

R. – Si tratta sempre più di una crisi di un mercato – quello agricolo in particolare – che ha avuto degli sviluppi particolarmente importanti negli ultimi cinque-sei anni, e dobbiamo ricordarci, peraltro, che in realtà le stime della Fao su quanto servirebbe per sconfiggere la fame in tutto il mondo, dal punto di vista delle risorse finanziarie, rendono il problema ridicolo: si parla di una quarantina di miliardi di dollari che è una cifra infinitesimamente minore rispetto a quella che si impiega per i salvataggi delle banche o dei debiti sovrani dei Paesi europei o per problemi di questo genere. I prezzi dei prodotti agricoli negli ultimi mesi si stanno alzando; ci si potrebbe anche domandare: “Ma come mai il fatto che i prezzi dei prodotti agricoli aumenti diventa un problema per gli agricoltori, cioè per chi in realtà produce e dovrebbe guadagnarci?”. Non dimentichiamoci che è soprattutto nelle zone rurali che la fame si fa sentire maggiormente. E, in realtà, questo succede perché i prezzi dei prodotti agricoli sono fatti nelle grandi extensions, nelle grandi fattorie – detto in parole semplici – dove si produce in grandi quantità. Quindi, i prezzi sono dettati da aziende multinazionali, non dai piccoli agricoltori che uno per uno producono un’offerta equilibrata di questi prodotti. Quindi, in realtà questa è la grande ironia: la crisi dei piccoli produttori agricoli è legata al loro scarso potere di acquisto, nonostante i prezzi a cui si vendono i prodotti agricoli. Infatti, avendo poche risorse economiche in generale, riescono comunque meno a stare sul loro mercato, a comprarsi le sementi per l’anno successivo, a comprare i diserbanti, insomma, tutto quello che serve per le loro piccole produzioni. E rimangono prigionieri nelle mani dei grandi produttori che hanno acquistato grandi estensioni di terra, che hanno la capacità di avere in stock grandi quantità di quanto serve e di immetterlo sul mercato a loro piacimento, facendo anche fluttuare i prezzi. Quindi, questa dinamica della finanziarizzazione dell’agricoltura ha un impatto che è sicuramente molto diverso dall’impatto della crisi che viviamo noi. La nostra crisi non è direttamente legata alle dinamiche che vediamo soprattutto nei Paesi poveri dove il problema è la capacità dei piccoli agricoltori di stare sui mercati, rispetto alle grandi aziende.

D. – Non è debellata la fame nel mondo ma sicuramente le caratteristiche della distribuzione sul territorio in qualche modo cambiano. Come fotografare oggi il drammatico fenomeno?

R. – La prima cosa da sottolineare e da rammentare sempre è che la fame in certi Paesi non è, come si tende a dipingerla, il frutto di qualche cosa che non è andata bene, in particolare la sfortuna di un cattivo raccolto o di piogge mancate o cose di questo genere, ma è sempre più un fenomeno che è legato appunto alla finanziarizzazione dell’agricoltura. Ormai si scambiano beni nel settore agricolo, a partire dalle sementi e poi anche dai prodotti veri e propri, alla Borsa, come si fa per qualsiasi altra commodity che si possa scambiare sul mercato. Quindi i grandi attori di questo commercio riescono a fare e a controllare i prezzi, schiacciando i piccoli agricoltori che invece non hanno la stessa capacità negoziale. Questo crea fortissimi squilibri e, quindi, come in tante questioni legate alla lotta alla povertà, in particolare la lotta alla fame, si può fare cercando di mettere un freno o di porre delle regole in modo tale che questi forti squilibri di potere tra gli attori delle politiche agricole vengano in qualche modo attenuati. Quindi, la fame è una questione di giustizia, non di sfortuna. E questo è il primo e più importante messaggio, forse, da cui partire.







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