Siria. Ad Aleppo si combatte strada per strada. Bombe sui civili. In Iran contro-vertice
sulla crisi
Situazione incandescente in Siria. Si continua a combattere nelle strade della città
di Aleppo, roccaforte dei ribelli nel mirino del regime. Attivisti denunciano il ritrovamento
di quarantacinque cadaveri, mentre lievi danni si segnalano nell’antica cittadella
patrimonio dell’Unesco. Intanto prosegue la fuga di civili dal paese: l’Onu parla
di centocinquantamilia profughi. Il servizio è di Paolo Ondarza: Quarantacinque
corpi senza vita e ancora senza identità abbandonati nel martoriato quartiere occidentale
di Aleppo di Salah ad Din. A denunciare il macabro ritrovamento in un parco pubblico
sono gli insorti. La loro roccaforte continua ad essere teatro di scontri: si combatte
strada per strada e anche l’antica cittadella di Aleppo, dichiarata dall’Unesco patrimonio
dell’umanità, ha subito danneggiamenti. Undici civili, tra loro due bambini, sono
morti in un bombardamento, mentre erano in fila di fronte ad un forno, lo fanno sapere
i ribelli che annunciano anche di aver attaccato il carcere della città. Dal canto
loro le forze governative fanno sapere di aver respinto un attacco contro l'aeroporto
internazionale. Drammatica la situazione dei profughi denunciata dall’Onu: 150 mila
dall’inizio del conflitto, fuggiti verso Giordania, Libano, Iraq, ma soprattutto Turchia.
Proprio da Ankara giunge una notizia di stampa secondo cui sarebbe imminente un intervento
militare turco in territorio siriano, nel nord curdo, per creare una zona cuscinetto
e bloccare il pkk. Intanto gli Stati Uniti annunciano nuove sanzioni contro il regime
e chi lo sostiene , mentre la Gran Bretagna ha deciso di aumentare gli aiuti ai
ribelli e di stabilire legami politici con l’opposizione siriana.
Un appello
al dialogo nazionale, a metter fine allo spargimento di sangue e una proposta di Teheran
come mediatore di pace. Questo l'obiettivo della conferenza sulla Siria ospitata dall’Iran
con la partecipazione di 29 Paesi, tra i quali Cina e Russia. Lo stesso mediatore
di Onu e Lega Araba, Annan aveva proposto un ruolo di primo piano della Repubblica
Islamica; ipotesi che era stata scartata dall’Occidente. Come leggere, dunque, questa
iniziativa diplomatica oggi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Antonello
Sacchetti, esperto di questioni iraniane:
R. – E’ sicuramente
un tentativo di uscire da un isolamento, per l'Iran, un isolamento diplomatico, internazionale
e di geopolitica. Per molti mesi Teheran ha continuato a dire che mentre altre “primavere
arabe” – come quella egiziana – avevano un movimento popolare alla base, in Siria
si trattava, invece, di un complotto. Adesso ha cambiato prospettiva, ha cambiato
atteggiamento. Si tratta, insomma, di un tentativo di porre fine o di porre comunque
rimedio a una situazione che è molto preoccupante per la stessa Teheran.
D.
– Bisogna sottolineare che ci sono grossi interessi in campo per quanto riguarda l’Iran
in Siria…
R. – Sicuramente. La Siria è l’unico Paese con cui l’Iran ha un’alleanza
militare, un alleanza strategica. Ma credo che non ci sia soltanto questo: credo che
siano in atto delle dinamiche sotterranee molto importanti. L’appello di Salehi, il
ministro degli Esteri - e secondo alcuni il possibile vincitore delle prossime elezioni
presidenziali del 2013 - è un appello che per certi versi è anche molto sorprendente
per le parole che ha usato: ha parlato di diritti, del diritto del popolo siriano
alla democrazia, alla libertà e a libere elezioni. Il che fa molto pensare….
D.
– Certamente non mancano delle frizioni tra l’Iran e la Comunità internazionale e
questo soprattutto a causa del suo programma nucleare. Ma questa iniziativa può aiutare
Teheran a far scendere la tensione o può addirittura peggiorare la situazione?
R.
– Io credo che possa servire. Vorrei anche ricordare che in passato l’Iran ha giocato
ruoli importanti in altre crisi internazionali: in Afghanistan fu uno dei Paesi più
attivi e non solo nel momento della guerra ai talebani, ma anche poi nella successiva
Conferenza di Bonn per gli aiuti. L’Iran, quando vuole e quando è messo in condizione
di farlo, può giocare un ruolo diplomatico anche molto importante. Va anche detto
che, secondo me, l’errore è stato fatto dall’Occidente quando due mesi fa è stato
chiesto che l’Iran non partecipasse ai primi incontri. Qui è chiaro che si tratta
di una partita molto, molto aperta. Bisogna vedere ora quali saranno le prossime mosse.
D. – L’Iran sciita appoggia il presidente siriano e si propone come mediatore
di pace; la Turchia sunnita, invece, sostiene i ribelli. E proprio qui è in arrivo
Hillary Clinton: insomma Teheran ed Ankara si confermano attori non solo della crisi
siriana, ma – possiamo dire – dell’intera regione...
R. – Sì, volendo andare
indietro nella storia, potremmo risalire a rivalità secolari tra Ottomani e Persiani.
In realtà è interessante notare come oramai da qualche anno gli attori più attivi
e più dinamici dello scenario mediorientale siano Paesi non arabi: siano la Turchia,
la Persia e Israele ovviamente. Se noi pensiamo allo scenario mediorientale di 30
anni fa, vediamo come altri Paesi in questo momento siano fuori gioco o comunque in
un piano secondario. Sicuramente si scontrano interessi diversi. Io sono sempre abbastanza
restio a credere che si tratti di interessi legati alla religione, anche perché l’Iran,
nel corso della sua storia e parlo della Repubblica Islamica, ha sempre dimostrato
di avere una politica estera molto pragmatica e a tratti anche molto cinica, ma non
ideologica.