Si combatte strada per strada ad Aleppo. L'Iran ospita un contro-vertice sulla crisi
Aleppo continua ad essere al centro delle contese armate tra esercito di Damasco e
milizie dell’opposizione: oramai si combatte strada per strada: 45 cadaveri sarebbero
stati trovati in un parco della città. Intanto, mentre si aggrava l’emergenza umanitaria
per le migliaia di civili in fuga dalle violenze, gli Stati Uniti potrebbero varare,
secondo indiscrezioni, un nuovo pacchetto di sanzioni contro il regime siriano ed
i suoi sostenitori. Intanto la comunità internazionale cerca di riannodare le fila
di una mediazione sempre più urgente. Il servizio di Salvatore Sabatino:
La battaglia
di Aleppo è la più importante, quella attraverso la quale si disegnerà il profilo
della nuova Siria che avanza o della vecchia, che riporta il potere nelle mani del
regime di Assad. E’ per questo che il presidente si sta giocando il tutto per tutto
nella più popolosa e ricca tra le città del Paese. Ed il tutto per tutto lo stanno
giocando pure i ribelli; lo dimostrano le notizie che si rincorrono di ora in ora:
prima la conquista attribuita ai lealisti, il ritiro “tattico” dei ribelli dal quartiere
strategico di Salaheddin; poi la ripresa degli scontri strada per strada. Difficile
stabilire cosa realmente stia accadendo; di certo, invece, c’è che a pagare il prezzo
più alto è la popolazione civile, che fugge dalla città riversandosi verso la vicina
Turchia, preoccupata per l’enorme flusso di profughi. Almeno 53mila le persone che
hanno varcato la frontiera, oltre 2500 solo nell’ultima notte. Ma se il Paese anatolico
apre le porte alla popolazione in fuga, l’Iran – l’altro attore di questa tragica
vicenda – apre le sue porte alla diplomazia, ospitando 29 Paesi, tra i quali Cina
e Russia in un vertice da cui si leva un forte appello al dialogo nazionale, a metter
fine allo spargimento di sangue. Appuntamento che, contrastando le resistenze della
comunità internazionale, propone, di fatto, Teheran come mediatore di pace. Una chiave
di lettura su questa iniziativa diplomatica ce la fornisce Antonello Sacchetti,
esperto di questioni iraniane:
R. – E’ sicuramente
un tentativo di uscire da un isolamento, per l'Iran, un isolamento diplomatico, internazionale
e di geopolitica. Per molti mesi Teheran ha continuato a dire che mentre altre “primavere
arabe” – come quella egiziana – avevano un movimento popolare alla base, in Siria
si trattava, invece, di un complotto. Adesso ha cambiato prospettiva, ha cambiato
atteggiamento. Si tratta, insomma, di un tentativo di porre fine o di porre comunque
rimedio a una situazione che è molto preoccupante per la stessa Teheran.
D.
– Bisogna sottolineare che ci sono grossi interessi in campo per quanto riguarda l’Iran
in Siria…
R. – Sicuramente. La Siria è l’unico Paese con cui l’Iran ha un’alleanza
militare, un alleanza strategica. Ma credo che non ci sia soltanto questo: credo che
siano in atto delle dinamiche sotterranee molto importanti. L’appello di Salehi, il
ministro degli Esteri - e secondo alcuni il possibile vincitore delle prossime elezioni
presidenziali del 2013 - è un appello che per certi versi è anche molto sorprendente
per le parole che ha usato: ha parlato di diritti, del diritto del popolo siriano
alla democrazia, alla libertà e a libere elezioni. Il che fa molto pensare….
D.
– Certamente non mancano delle frizioni tra l’Iran e la Comunità internazionale e
questo soprattutto a causa del suo programma nucleare. Ma questa iniziativa può aiutare
Teheran a far scendere la tensione o può addirittura peggiorare la situazione?
R.
– Io credo che possa servire. Vorrei anche ricordare che in passato l’Iran ha giocato
ruoli importanti in altre crisi internazionali: in Afghanistan fu uno dei Paesi più
attivi e non solo nel momento della guerra ai talebani, ma anche poi nella successiva
Conferenza di Bonn per gli aiuti. L’Iran, quando vuole e quando è messo in condizione
di farlo, può giocare un ruolo diplomatico anche molto importante. Va anche detto
che, secondo me, l’errore è stato fatto dall’Occidente quando due mesi fa è stato
chiesto che l’Iran non partecipasse ai primi incontri. Qui è chiaro che si tratta
di una partita molto, molto aperta. Bisogna vedere ora quali saranno le prossime mosse.
D. – L’Iran sciita appoggia il presidente siriano e si propone come mediatore
di pace; la Turchia sunnita, invece, sostiene i ribelli. E proprio qui è in arrivo
Hillary Clinton: insomma Teheran ed Ankara si confermano attori non solo della crisi
siriana, ma – possiamo dire – dell’intera regione...
R. – Sì, volendo andare
indietro nella storia, potremmo risalire a rivalità secolari tra Ottomani e Persiani.
In realtà è interessante notare come oramai da qualche anno gli attori più attivi
e più dinamici dello scenario mediorientale siano Paesi non arabi: siano la Turchia,
la Persia e Israele ovviamente. Se noi pensiamo allo scenario mediorientale di 30
anni fa, vediamo come altri Paesi in questo momento siano fuori gioco o comunque in
un piano secondario. Sicuramente si scontrano interessi diversi. Io sono sempre abbastanza
restio a credere che si tratti di interessi legati alla religione, anche perché l’Iran,
nel corso della sua storia e parlo della Repubblica Islamica, ha sempre dimostrato
di avere una politica estera molto pragmatica e a tratti anche molto cinica, ma non
ideologica.