"Save the Children": malnutriti 60 milioni di bambini, serve maggior impegno per
sconfiggere la fame
58,7 milioni: è il numero di bambini gravemente malnutriti nel mondo. Tra il 2005
e il 2010, il numero è cresciuto di ben un milione e mezzo di unità. Un dato gravissimo
e allarmante, considerando che circa un terzo delle morti entro i primi cinque anni
è causato proprio dalla malnutrizione infantile. Sono le cifre indicate da "Save the
Children" nell’Indice sullo sviluppo infantile, che l’organizzazione rilancia in vista
- il 12 agosto - del Summit Olimpico sulla Fame, organizzato a Londra e al quale dovrebbero
prendere parte i leader delle maggiori nazioni. Quali dunque le ragioni di questo
aumento? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Filippo Ungaro, responsabile
Comunicazione e Campagne di "Save che Children" Italia:
R. - Le ragioni
sono da ricercare, prima di tutto, nelle crisi alimentari che ormai diventano quasi
croniche in certe zone del pianeta. Parliamo soprattutto del Corno d’Africa e del
Sahel dove, proprio in queste settimane, stiamo assistendo a una crisi alimentare
cronica. Queste crisi sono generate sia dai cambiamenti climatici - che tutti stiamo
ormai sperimentando sulla nostra pelle - sia soprattutto dalla volatilità dei prezzi
del cibo e anche del carburante, perché quando aumenta il prezzo del carburante, aumentano
anche i prezzi dei trasporti e di conseguenza aumenta anche il prezzo delle derrate
alimentari e del cibo. Andando ancora più a monte, probabilmente la ragione principale
di questo aumento della malnutrizione è una sempre maggiore cattiva o iniqua distribuzione
delle risorse a livello globale.
D. - I tre indicatori necessari a stabilire
il benessere dei bambini sono l’accesso alla scuola, la mortalità infantile e la malnutrizione.
Per i primi due c’è stato un netto miglioramento, ma per la malnutrizione purtroppo
non è così. Tenendo conto di questi tre aspetti, qual è il Paese dove per i bambini
la vita è peggiore?
R. - Senza dubbio come continente facciamo riferimento
all’Africa, in particolare alla Somalia. Non a caso la Somalia è un Paese con una
grandissima instabilità politica, che sta vivendo, e che ha vissuto negli ultimi decenni,
situazioni di conflitto interno e di guerra. Ha sicuramente dati pessimi dal punto
di vista dell’iscrizione alla scuola da parte dei bambini, ha dati pessimi sulla mortalità
infantile e, infine, sulla malnutrizione. Non c’è dubbio, poi, che tanti Paesi dell’Africa
siano nelle ultimissime posizioni.
D. - In occasione dell’apertura del 12
agosto a Londra del Summit contro la malnutrizione organizzato dal premier britannico
David Cameron, voi che tipo di appello lanciate ai Paesi? Cos’è che i Paesi ricchi
non fanno?
R. - Noi chiediamo alla Comunità internazionale di fare di più per
combattere la malnutrizione. In vista di questo Summit, preparatorio del prossimo
G8 che verrà ospitato proprio dalla Gran Bretagna, chiediamo di mettere al centro
dell’agenda del G8 la fame nel mondo e di far fronte ai bisogni alimentari, soprattutto
della popolazione africana. In Africa, in questo momento, ci sono 28 milioni di persone
che stanno soffrendo di malnutrizione acuta. Fare fronte a questa emergenza significa
aumentare i fondi da destinare agli aiuti allo sviluppo, ai Paesi in difficoltà. In
particolare sappiamo che l’Italia, da molti anni ormai, sta sempre più riducendo i
suoi impegni a livello economico, esiste una media dello 0,7 per cento del Prodotto
Interno Lordo che i Paesi occidentali, i Paesi più ricchi, dovrebbero dare e l’Italia
destina soltanto lo 0,1 per cento. Cifre irrisorie! Chiediamo quindi un maggior impegno
della comunità internazionale e un impegno in particolare sulla malnutrizione. E’
inaccettabile che, ancora oggi, tutti questi milioni di bambini debbano morire di
fame!