Il Cdm riduce i tagli ai tribunali e salva quelli nelle zone di mafia
Saranno 31 anziché 37, come inizialmente previsto, i tribunali soppressi nell’ambito
del provvedimento sulla revisione della geografia giudiziaria. Lo ha stabilito il
Consiglio dei ministri di ieri che ha deciso di salvare i tribunali nelle zone ad
alta intensità di criminalità organizzata. Servizio di Giampiero Guadagni: Sono dunque salvi i tribunali antimafia. Il Governo, tenendo conto dei pareri
delle Commissioni giustizia di Camera e Senato e di quello espresso dal Csm, ha deciso
di non cancellare in Sicilia quelli di Caltagirone e Sciacca; in Calabria Lamezia
Terme, Paola e Castrovillari, al quale sarà accorpato il tribunale di Rossano; nel
Lazio Cassino, al quale sarà accorpata la sezione distaccata di Gaeta. Il governo
ha invece confermato la soppressione di tutte le 220 sedi distaccate di tribunali
e di 667 uffici di giudici di pace. Sulla lotta alle mafie il governo "non intende
in alcun modo arretrare nemmeno sul piano simbolico", commenta il guardasigilli Paola
Severino. Tra le altre decisioni del Consiglio dei ministri, l’anticipo della metà
della terza rata dell’Imu ai Comuni al fine di fronteggiare le svariate situazioni
di deficit di liquidità nei Comuni, che potranno dunque immediatamente disporre di
una somma pari a circa 1 miliardo e 190 milioni di euro. E quello di ieri è stato
l’ultimo Consiglio dei ministri prima della breve pausa estiva: il Governo tornerà
a riunirsi il 24 agosto. Ieri mattina intanto il premier Monti ha incontrato il presidente
della Camera Fini per fare il punto sulle misure per contrastare la crisi economico-finanziaria.
Dopo
il decreto salva Italia e la Spending Review, il Consiglio dei ministri di ieri con
i nuovi provvedimenti si prepara alla “fase due” che attuerà in autunno e che punta
a favorire alla crescita, a dare segnali di fiducia agli investitori e a respingere
la possibilità di chiedere aiuti all’Europa. Ma come valutare il cammino compiuto
finora? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Luigino Bruni docente di
economia politica all’università “Bicocca” di Milano e all’Istituto Sophia di Loppiano:
R. – Sicuramente
questa dimensione – quella, appunto, dei tagli, degli sprechi, della crisi – secondo
me il governo la sta svolgendo con cura e con efficacia. Non è ancora chiaro se sia
una politica di crescita, per due ragioni. Innanzitutto, la crescita importante e
positiva di cui l’Italia ha bisogno è la crescita del lavoro, il che vuol dire creare
occupazione, creare potere d’acquisto, sicurezza per le famiglie … E poi, per un secondo
motivo: perché i governi possono far poco per la crescita. L’Italia ripartirà se sarà
capace di riattivare l’entusiasmo, la voglia di vivere, la voglia di fare, le virtù
civili … Sicuramente, c’è un attacco speculativo che però si insinua nelle debolezze
dell’Italia, che esistono già. Sono il frutto di secoli di cultura civica molto precaria,
di un atteggiamento opportunistico verso lo Stato e le istituzioni, che non ci aiuta
ad uscir fuori da questa crisi.
D. – La fase-due del governo Monti,
quella appunto della crescita, inizierà in autunno, quando saremo già in campagna
elettorale. Proprio ieri il presidente dei vescovi italiani ha chiesto una presenza
coraggiosa e determinata dei cattolici in ambito pubblico. Dunque, siamo alla vigilia
della creazione di un grande centro di ispirazione cattolica, secondo lei?
R.
– Penso di sì, a condizione che si verifichino due elementi. La prima precondizione
è che più che un partito nuovo, nasca un grande movimento della società civile di
ispirazione cattolica; il secondo elemento è che noi cristiani, noi cattolici, torniamo
a dare nuova importanza alla dimensione economica. Se noi oggi non facciamo ripartire
scuole di formazione economica nelle diocesi, nelle parrocchie, di gente che si forma
alla democrazia economica – non solo alla democrazia più classica, quella politica
– facciamo fatica a dare linee nuove per governare il mondo …