Mons. Fisichella in Australia: la testimonianza della carità, via della nuova evangelizzazione
“Costringere al silenzio il desiderio di Dio non può far approdare all’autonomia”;
“l’uomo è in crisi, ma non è emarginando il cristianesimo che si potrà avere una società
migliore”. Questo il centro dell’intervento di oggi, intitolato “Cos’è la nuova evangelizzazione”,
tenuto dal presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione,
mons. Rino Fisichella, a Chatswood, in Australia, dove è in corso il convegno “Proclaim
2012”. Il servizio di Roberta Barbi:
“La grande sfida
che attende il futuro è tutta qui: chi vuole la libertà di vivere come se Dio non
esistesse può farlo, ma deve sapere a cosa va incontro”. Mons. Fisichella traccia
così la situazione di crisi dell’uomo contemporaneo, che “ha dimenticato l’essenziale”,
geloso com’è della propria indipendenza e della responsabilità personale del suo modo
di vivere. Non è escludendo Dio dalla propria vita, però, che il mondo sarà migliore:
i cattolici non accetteranno di essere emarginati e continueranno a portare al mondo
la buona notizia di Gesù. L’annuncio dei credenti, però, “non può ricorrere all’arroganza
e all’orgoglio” né esprimere “senso di superiorità verso gli altri”, ma, al contrario,
deve essere portato con “dolcezza, rispetto e retta coscienza”. In questo consiste
la nuova evangelizzazione, la missione della Chiesa di oggi, di tutta la Chiesa, fatta
da pastori, sacerdoti e laici: non qualcosa di diverso dal passato, ma un modo nuovo
per trasmettere l’identico messaggio di salvezza del Signore Risorto per noi. Con
Benedetto XVI, Fisichella ricorda che “non è l’annacquamento della fede che aiuta,
bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi… Non saranno le tattiche a salvarci,
a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo, mediante
la quale Cristo, e con Lui il Dio vivente, entri in questo nostro mondo”. Il primato
va alla testimonianza, dunque, lo strumento principale per portare a ogni persona,
in ogni luogo e in ogni tempo, l’annuncio che la salvezza è divenuta realtà; e alla
carità, perché la vita trova la sua piena realizzazione solo nell’orizzonte della
gratuità. “Sulla parola del Signore – ha aggiunto Fisichella – ci siamo intestarditi
nel privilegiare tutto ciò che il mondo ha rifiutato considerandolo inutile e poco
efficiente: il malato cronico, il moribondo, l’emarginato, il portatore di handicap
e quant’altro esprime agli occhi del mondo la mancanza di futuro e di speranza, trova
l’impegno dei cristiani”. Accanto a questo, però, anche l’esigenza di variare il modo
di evangelizzare, come sottolineava già Paolo VI, e di trovare nuove forme, sviluppando
capacità di adattamento. L’espressione “nuova evangelizzazione” venne usata per la
prima volta da Giovanni Paolo II nel 1979, e il seme fu raccolto da Benedetto XVI
con l’istituzione del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione.
Ma non si può fare evangelizzazione senza evangelizzatori – nota ancora il presule
– perché la responsabilità dell’annuncio spetta a tutti, senza ammettere deleghe:
da qui l’invito ai cristiani a saper discernere tra il vero e il falso, tra ciò che
porta frutto e ciò che, invece, è effimero: la principale sfida della Chiesa di oggi.