Manifestazione dell’opposizione a Tunisi contro il “degrado della politica”
Una clausola inserita nella costituzione tunisina, in cui le donne vengono definite
"associate all'uomo nello sviluppo", ha fatto infuriare le femministe e alcuni politici
del Paese. La clausola è stata approvata dalla Commissione dei diritti e delle libertà
con una votazione di 8 contrari contro 12 favorevoli, dei quali nove del partito islamista
al potere, Ennahdha. E oggi a Tunisi è stata organizzata una manifestazione dell’opposizione
contro quello che viene definito il ‘degrado’ della politica e le violazioni dei diritti
umani. La Tunisia è stato il primo Paese a dare il via, un anno e mezzo fa, alla cosiddetta
‘primavera araba’. Dopo il tragico episodio dell’ambulante che, vessato dalla polizia,
si è dato fuoco, le imponenti manifestazioni di piazza hanno cacciato il presidente
Ben Ali, dopo 25 anni di dittatura. Di cosa accada oggi nel Paese Fausta Speranza
ha parlato con lo storico Fabrizio dal Passo, docente all’Università la Sapienza
di Roma:
R. – Una fase
in cui sta emergendo, forse per primo rispetto agli altri Paesi del Maghreb, sicuramente
una chiara volontà di costruzione di un Paese democratico di tipo occidentale. E’
il Paese in un certo senso portabandiera dei grandi cambiamenti del resto del Nord
Africa. Quindi, anche se effettivamente risente dei contraccolpi tra una mentalità
aperta all’Occidente, aperta alla democratizzazione, c’è comunque un fronte interno
abbastanza forte, portato avanti in modo particolare dagli “anziani”, inteso come
comunità … che rappresenta una fetta di popolazione anche se comprende alcuni di altre
generazioni. Molte sono persone che hanno combattuto contro la Francia e che oggi
tendono un po’ a bloccare l’Ennahda, questo partito molto forte, e a mantenere una
mentalità conservatrice, specialmente nei riguardi delle donne.
D. – Ecco,
parliamo della questione femminile che sembra un po’ al centro, questi giorni: è stata
inserita nella Costituzione una clausola che fa discutere per l’espressione in cui
si afferma che la donna è associata all’uomo nello sviluppo del Paese …
R.
– Apparentemente è un problema tunisino. In realtà, è un problema molto più ampio
che non va soltanto a toccare il diritto islamico vigente in Tunisia e in altri Paesi
del Maghreb, ma anche indirettamente l’Unione Europea. Loro vorrebbero nell’ambito
del sociale un riconoscimento indiretto di questa posizione per avere accordi commerciali
che l’Europa invece condiziona a norme più paritarie. Quindi, per l’Ue nell'unione
tra un uomo e una donna non c’è vincolo di sottomissione: c’è un vincolo paritario.
Mentre invece loro vorrebbero – la Tunisia nella fattispecie, ma anche altri Paesi
– che noi riconoscessimo questa facoltà che hanno i Paesi arabi nella loro specificità
di avere una figura femminile, e in altri casi di minore, sottoposta al vincolo decisionale
del maschio, dell’uomo.
D. – In definitiva, un Paese ancora in transizione:
possiamo dire ancora che la fase è difficile?
R. – La fase è difficile, però
dobbiamo essere ottimisti soprattutto guardando a tutto il fronte giovanile: i giovani
che hanno studiato e studiano in Tunisia, e che comunque hanno spesso contatti anche
con altri parenti in Francia, specialmente, dove sono ufficialmente più di 600 mila
persone, ma anche in Italia dove circa 160 mila persone dalla Tunisia vivono stabilmente.
Si tratta di contatti che ampliano l’orizzonte, aprono un po’ gli occhi rispetto alla
sola mentalità tradizionale del loro Paese. Si intravede l’impulso a fare questo passaggio
in avanti verso una maggiore democratizzazione della mentalità sia nei riguardi della
politica ma anche della società, che è ancora più importante.
D. – Che cosa
dire della dialettica tra opposizione e partiti al governo? E’ una dialettica che
sembra sana nelle sue manifestazioni?
R. – Sicuramente lo è, perché è un momento
in cui, comunque, sia all’interno del Paese, sia all’esterno del Paese, ovvero anche
pensando agli occhi puntati dell’Unione Europea e degli altri Paesi vicini e confinanti
della Tunisia, tutta l’informazione circola. Tutti noi siamo a conoscenza delle dinamiche
che sono all’interno sia dell’Ennahda sia, tra l’altro, del Fronte politico generale
tunisino. Ci sono interviste, reportage, chiarimenti, scontri anche verbali - se vogliamo
- però tutto questo è palese, è un sintomo, è una realtà che manifesta come comunque
il Paese sia aperto al dialogo non soltanto all’interno ma anche all’esterno. Altrimenti
avremmo avuto un sistema completamente diverso.