L'esecuzione di Wilson in Texas. Sant'Egidio: un orrore che si aggiunge all’orrore
della pena di morte
Aveva 53 anni Marvin Wilson e tre giorni fa, in Texas, è stato messo a morte tramite
iniezione letale, accusato di aver assassinato un uomo, pur senza prove schiaccianti.
Il quoziente di intelligenza documentato di quest’uomo era pari a 61, al di sotto
del limite di 70 considerato in diversi Stati Usa come soglia minima per essere condannati
alla pena capitale. In meno di due mesi è il secondo disabile mentale ucciso dalla
giustizia texana. Un caso che ha sollevato molte polemiche, e che è stato definito
un “doppio orrore” dalla Comunità di Sant’Egidio. Chi era dunque Marvin Wilson? FrancescaSabatinelli lo ha chiesto a MarioMarazziti, portavoce della
Comunità di Sant’Egidio:
R. - Era una
persona che a stento sapeva contare, che aveva difficoltà ad allacciarsi le scarpe,
alla quale è stata attribuita la colpa di aver ucciso uno spacciatore, che era un
informatore della Polizia! In realtà un altro - che era "normale" - ha accusato lui
e, come accade in Texas, quando uno accusa un altro, l’altro prende la pena di morte
e uno ha uno sconto di pena... In genere, quando c’è più di un "protagonista", chi
prende la pena di morte è il più debole della catena!
D. - La debolezza di
Wilson era nella disabilità mentale e anche nel fatto che fosse un afroamericano?
R.
- Il suo è un caso che li rappresenta tutti, perché afroamericano, perché in più non
sapeva difendersi perché anche disabile mentale. La Corte Suprema statunitense ha
emesso due sentenze: una che ha vietato l’esecuzione dei minori e una che ha vietato
l’esecuzione dei disabili mentali, nel 2002. Ogni Stato però può decidere dove comincia
la disabilità mentale, e nel caso di Wilson hanno messo in discussione i test che
erano stati fatti. Poi non c’è stato tempo, non c’è stato il rinvio e quindi è stato
ucciso… Il problema è: perché tanto accanimento? E’ come se si dovesse sempre riaffermare
che la pena di morte si può e si deve infliggere in qualunque caso. In questi casi,
però, ha solo il sapore di una vendetta di Stato!
D. - La pena di morte, al
di là che ci sia disabilità mentale o meno, resta l’orrore che Sant’Egidio ha sempre
denunciato. Voi sottolineate come, però, negli Stati Uniti le esecuzioni siano arrivate
ad un livello estremamente basso…
R. - Ormai sono quasi 15 anni che c’è una
diminuzione costante: siamo passati da un centinaio di esecuzioni a meno di cinquanta.
Sono tanti i fattori: cambia la cultura, c’è un po’ più di attenzione alla difesa,
la questione degli innocenti giustiziati crea dei problemi. Non dimentichiamo la battaglia
che abbiamo fatto dall’Italia assieme a "Nessuno Tocchi Caino", al governo italiano
e agli inglesi di Reprieve: siamo riusciti a rendere quasi irreperibile uno
dei tre farmaci dell’iniezione letale. A questo punto si è scatenata una sospensione
di fatto, perché il farmaco non c’era più. Poi però, piano piano, alcuni Stati hanno
deciso di usare un’iniezione sola, un farmaco solo, anche senza averlo testato, e
il Texas ha ripreso in questo modo le esecuzioni. Però tutti questi fattori fanno
sì che siamo al livello più basso di esecuzioni da molti anni. Io credo, quindi, che
stia cambiando molto, come sta cambiando molto in Cina. Anche una sola esecuzione,
però, è un’esecuzione di troppo e quella di un disabile mostra tutto l’orrore e ce
lo mostra due volte! In Texas, credo che la Chiesa cattolica - nei prossimi anni -
potrà molto, anche perché ormai si va verso una maggioranza ispanica in quel Paese.
D. - Ci sono Paesi dai quali è molto difficile riuscire ad avere i dati sulle
esecuzioni, pensiamo alla Cina, lei però lo citava come Paese in via di miglioramento.
Perché?
R. - Ci sono più sentenze della Corte Costituzionale cinese che hanno
ridotto il potere delle Corti periferiche di eseguire la pena di morte. Questo sta
riducendo gli errori giudiziari, sta riducendo il numero delle condanne a morte e
quindi riduce anche il numero delle esecuzioni. Si calcola che, anche se non si ha
notizia di tutte, per la parte che si conosce ci sia un calo di circa il 30 per cento.
Questo, applicato alla Cina, vuol dire mille esecuzioni in meno! Paradossalmente è
il Paese dove la pena di morte sta cambiando più in fretta.