Pregare con il corpo e lo spirito per entrare nel raggio luminoso della presenza di
Dio: così il Papa all'udienza generale dedicata a san Domenico
La preghiera e il rapporto personale con Dio ci aiutano ad affrontare anche i momenti
più difficili. A partire da questo assunto, ispirato da san Domenico di Guzman nel
giorno in cui la Chiesa ne ha celebrato la memoria liturgica, si è sviluppata ieri
la riflessione del Papa all’Udienza generale a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha esortato
a trovare quotidianamente momenti di preghiera per aiutare anche chi è più vicino
a noi. Il servizio di Benedetta Capelli:
Uomo di preghiera,
innamorato di Dio, imitatore di Cristo. Il Papa tratteggia così la luminosa figura
di san Domenico di Guzman che progredì sulla via della perfezione cristiana grazie
alla forza della preghiera “che rinnovò e rese più feconde le sue opere apostoliche”.
Ed è ancora più incisiva la frase richiamata da Benedetto XVI - “Il giorno lo dedicava
al prossimo, ma la notte la dava a Dio” - cucita addosso a san Domenico dal beato
Giordano di Sassonia, suo successore alla guida dell’ordine dei domenicani:
"In
san Domenico possiamo vedere un esempio di integrazione armoniosa tra contemplazione
dei misteri divini e attività apostolica. Secondo le testimonianze delle persone a
lui più vicine, 'egli parlava sempre con Dio o di Dio'. Tale osservazione indica la
sua comunione profonda con il Signore e, allo stesso tempo, il costante impegno di
condurre gli altri a questa comunione con Dio".
Il cuore della catechesi
del Papa è nel “modo fisico” di pregare di san Domenico. “Un atteggiamento corporale
e spirituale – sottolinea – intimamente compenetrati favoriscono il raccoglimento
e il fervore”. Richiamando poi “Le nove maniere di pregare di san Domenico”, opera
composta da un frate domenicano alla fine del ‘200, Benedetto XVI ricorda i primi
7 modi di pregare del santo, “passi di un cammino verso la comunione intima con Dio”:
"San
Domenico prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere
perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze
del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo
Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio".
E
sono due i modi di pregare di san Domenico sui quali il Papa si sofferma. Per primo
la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione “ancora più intima,
fervorosa e rasserenante”:
"Seduto tranquillamente, si raccoglieva in se
stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso. Viveva
così intensamente questi momenti di rapporto con Dio che anche esteriormente si potevano
cogliere le sue reazioni di gioia o di pianto".
Poi la preghiera durante
i viaggi tra un convento e l’altro:
"Allora dal suo cuore sgorgava un canto
di lode e di ringraziamento a Dio per tanti doni, soprattutto per la più grande meraviglia:
la redenzione operata da Cristo".
San Domenico quindi è una figura estremamente
attuale soprattutto per il cristiano di oggi:
"San Domenico ci ricorda che
all’origine della testimonianza della fede, che ogni cristiano deve dare in famiglia,
nel lavoro, nell’impegno sociale, e anche nei momenti di distensione, sta la preghiera,
il contatto personale con Dio, solo questo rapporto costante reale con Dio ci dà la
forza per vivere intensamente ogni avvenimento, specie i momenti più sofferti".
E
sono proprio quei modi esteriori di pregare: inginocchiato, in piedi, con lo sguardo
al Signore, fermo o in silenzio, che ci predispongono al contatto interiore con Dio.
Da qui l’invito del Papa a trovare momenti quotidiani di preghiera:
"Sarà
un modo anche per aiutare chi ci sta vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza
di Dio, che porta la pace e l’amore di cui abbiamo tutti bisogno".
Al termine
dell’udienza generale Benedetto XVI ha salutato Gabby Giffords, l'ex parlamentare
statunitense che rimase ferita in modo grave in un attentato avvenuto durante un comizio
a Tucson, in Arizona, accompagnata dal marito, l'astronauta Mark Kelly, capo dell'equipaggio
degli astronauti che, il 21 maggio 2011, in collegamento dalla stazione spaziale internazionale,
avevano parlato con il Papa. Inoltre, era presente anche un gruppo di ciclisti giapponesi,
giunti da Nagasaki - proprio alla vigilia del 67.mo anniversario del bombardamento
atomico sulla città - per consegnare a Benedetto XVI un messaggio di pace inviato
dall'abate del Todaiji Temple di Nara, già capitale del Giappone.