Spending review: sì definitivo della Camera. Il provvedimento del governo Monti è
legge
Scende a giugno la produzione industriale italiana e il Pil, a -2,5% nel secondo trimestre,
su base tendenziale segna il dato peggiore dal 2009. Lo dice l’Istat nel giorno del
via libera definitivo alla Camera alla spending review. L’Aula ha votato prima la
fiducia posta dal governo, poi con 371 si', 86 no e 22 astenuti ha trasformato il
provvedimento in legge. Centrato l’obiettivo di evitare l’aumento dell’Iva a ottobre,
di ampliare le tutele ad altri 55.000 esodati, e di aiutare i comuni colpiti dal sisma.
Il servizio di Gabriella Ceraso:
Tra le principali
novità introdotte durante l’esame parlamentare ci sono rincari fiscali per fuoricorso
e l'addizionale Irpef per le regioni in deficit sanitario, passa poi il tetto a 300mila
euro per gli stipendi dei manager. La sforbiciata c’è su Ministeri, Regioni e Pubbliche
amministrazioni in termini di organici, trasferimenti, acquisti di beni e servizi;
austerity anche per Bankitalia, dalle auto blu, ai buoni pasto. Ma il taglio arriva
anche sul comparto istruzione e sanità a partire dai posti letto in ospedale calati
a 3,7 e non più 4 per ogni 1000 abitanti entro novembre. Protestano Cgil e Uil per
la "mannaia" calata sul comparto pubblico, mentre l’Idv giudica il provvedimento incostituzionale
e il Pd appoggia il governo purchè modifichi gli interventi sulla spesa sociale. Sul
voto finale del pomeriggio, che ha trasformato il provvedimento in legge, pesa l’intervista
di un mese fa pubblicata oggi dal sito del Wall street journal in cui il premier Monti
parla di uno spread a 1200 se fosse rimasto in carica Berlusconi. Immediata ma inutile
la precisazione da Palazzo Chigi ela telefonata di scuse all'ex premier.L'ira nel
Pdl è alta e si traduce in un voto contro, in materia di sicurezza,sulla Spending
review.
“Necessario il riordino del settore dell’amministrazione pubblica,
capitolo importante di spesa per l’Italia, ma ora occorre diminuire le tasse”. Così,
in sintesi, l’economista Nicola Borri, sull'attuale situazione italiana. L’intervista
è di Gabriella Ceraso:
R. – Nell’arco
dei prossimi cinque anni, dobbiamo affrontare una riduzione progressiva della spesa
pubblica totale di 4-5 punti percentuali. Questa "spending review" è innanzitutto
un primo passo verso quell’obiettivo, quindi in questo senso è un passo importante.
La dimensione di questo primo passo però non è molto grande. Potranno essere necessari
ulteriori passi, come tagli in parte ai sussidi alle imprese: questa è forse la componente
che non si è ancora vista …
D. – Il governo Monti si era impegnato su questo,
ma anche sul fronte della crescita. Il Paese però è fermo, oggi i dati del Pil lo
confermano, si parla di una recessione tecnica e mancano provvedimenti a questo riguardo...
R.
– La strada da seguire è quella di una riduzione, quanto prima, dell’imposizione fiscale
sul lavoro e sulle imprese. Pensare di poter far ripartire la nostra economia con
investimenti pubblici imprecisati, credo che non ci porterà da nessuna parte.
D.
– Come fa l’Ocse oggi, con il professor Padovan, a dire: “Il debito dell’Italia scenderà
prima di altri Paesi”?
R. – Siccome il deficit italiano è sostanzialmente in
pareggio, basta anche una minima crescita del Pil e il nostro debito sul Pil scenderà:
non c’è alcun dubbio. Il problema, però, è capire di quanto. Secondo me, scenderà
di poco se la nostra economia non ripartirà in maniera decisa.