Siria: ancora bombardamenti ad Aleppo, Assad riceve l'inviato di Teheran
Si combatte duramente ad Aleppo, all’indomani della defezione del primo ministro siriano
Riad Hijab e del saccheggio del monastero cristiano di Mar Musa, guidato in passato
dal padre gesuita Paolo Dall’Oglio. Scontri anche nel resto del Paese, con le opposizioni
che parlano di undici persone uccise nei bombardamenti, mentre 265 sono state le vittime
ieri, per uno dei bilanci più duri dall’inizio della rivolta. Intanto sul piano diplomatico
Said Jalili, il braccio destro dell’ayatollah Khamenei, ha incontrato a Damasco, a
sorpresa, il presidente siriano Bashar Al-Assad per discutere della sorte dei 48 iraniani
rapiti sabato scorso a Damasco dai ribelli siriani. Per gli insorti si tratta di aiuti
militari ad Assad, mentre si tratterebbe solo di pellegrini in viaggio religioso secondo
le autorità iraniane, che accusano gli Stati Uniti di essere responsabili del rapimento.
Sulla situazione sul campo, Michele Raviart ha intervistato Cristiano Tinazzi,
giornalista freelance che si trova ad Aleppo insieme all’esercito degli insorti:
R. - Sono entrato
ieri notte, insieme ad una colonna di ribelli che provenivano da un paese nella provincia
di Aleppo e che sono venuti qui a dare man forte agli uomini del Free Syrian Army,
che stanno combattendo in città. La situazione che mi sono trovato davanti è quella
di un incessante martellamento di artiglieria, che colpiva non soltanto la linea del
fronte - quella di Salahaddin - ma anche in questo quartiere periferico, dove si trova
anche un ospedale. Quindi quando sono arrivato, mi sono trovato sotto i bombardamenti
dell’artiglieria pesante e anche stamattina prima gli elicotteri e poi i Mig sono
passati, a più riprese, sulla città e hanno colpito diversi punti di Aleppo.
D.
- Come sta vivendo la popolazione questi bombardamenti? Come si ripara e dove si rifugia?
R.
- Qui questa mattina c’è un po’ di movimento: i negozi sono quasi tutti chiusi, solo
qualcuno è ancora aperto, e c’è gente che cammina per strada; in altre zone non c’è
assolutamente nessuno. Sulle linee di demarcazione tra la zona sotto controllo delle
forze governative e quella tenuta sotto controllo dalle forze ribelli si scambiano
solo colpi di tank, di artiglieria… Anche li c’è gente che abita in quelle case, perché
tanti non sono riusciti a scappare, ad andare via o non vogliono andarsene… Purtroppo
muoiono, muoiono sotto i bombardamenti, perché qui il grosso delle persone che vengono
ammazzate sono civili: non sono né ribelli, né soldati governativi.
D. - Quante
vittime ci sono state da quello che vedi?
R. - Ieri almeno una trentina. Solo
nel momento in cui sono passato io davanti all’ospedale, c’erano quattro corpi avvolti
nelle coperte; c’erano decine i feriti e molte persone che venivano portate con evidenti
segni di fratture a causa degli spostamenti d’aria o perché colpite da schegge di
proiettile.
D. - Tu ti trovi con i ribelli: che impressione hai sulla loro
organizzazione e sulle loro motivazioni?
R. - Gli appartenenti al Free Syrian
Army, questo esercito di liberazione, sono tanti: all’interno di questo movimento
ci sono tante facce, tante persone, tante idee e quello che li accomuna è far cadere
Bashar al-Assad. Nel 90 per cento dei casi sono siriani che vogliono un Paese libero
e possibilmente democratico, mantenendo però una “fonte” islamica del diritto e il
rispetto delle minoranza. Poi c’è una piccola minoranza anche di integralisti, di
salafiti o comunque di persone che sono venute a combattere dall’esterno e che si
trovano in questo momento nel Paese. Non si può non negare che vi siano anche elementi
legati ad al Qaeda, ma sono certamente una minoranza. La gente che va a combattere
è gente che abita qui, che vuol difendere solo la propria terra e la propria famiglia
e non vuole farsi ammazzare! Questa è una guerra che verrà portata avanti fino alla
fine: non ci sono più possibilità di dialogo!
D. - Che cosa ti aspetti che
succeda nei prossimi giorni?
R. - L’esercito governativo ha detto, più volte,
che avrebbe dato il via all’offensiva di terra. Questo è stato sempre rimandato e
ha dato quindi possibilità alle forze ribelli di fortificare le linee di demarcazione
fra i due fronti: sono stati portati anche carri armati rubati all’esercito governativo
e sono stati piazzati esplosivi. C’è tutta una linea trincerata che è molto difficile
da superare e quando lanceranno l’offensiva di terra, sarà comunque una battaglia
casa per casa: sarà un vero e proprio massacro, perché ci saranno centinaia di morti…