Hillary Clinton in Sudafrica: missione economica e politica
Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, dopo le tappe in Senegal, Sud Sudan,
Uganda, Malawi, ha incontrato in Sudafrica l'ex presidente Nelson Mandela. Poi, i
colloqui con il presidente Zuma e le altre autorità. Appuntamenti a Pretoria, Johannesburg
e Città del Capo, fino a domani. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale
del Sudafrica, dopo la Cina, e il terzo grande investitore diretto estero dopo Gran
Bretagna e Olanda. Sui significati economici e politici della visita del segretario
di Stato americano, Fausta Speranza, ha intervistato il prof. Arduino Paniccia,
docente di Studi strategici ed economia internazionale all’Università di Trieste:
R. – La visita
del segretario di Stato Clinton in Sudafrica fa parte di una nuova strategia degli
Stati Uniti nei confronti di questo grande continente. La strategia non è ancora completamente
delineata, a mio parere, ma si snoda su alcune grandi linee. Certamente, si vuole
tentare di bloccare quella che negli ultimi vent’anni è stata l’avanzata cinese verso
molti Stati africani, attraverso l’affidamento, i prestiti, i finanziamenti anche
massicci alle grandi opere, e quindi la presenza cinese sia nel Nord Africa, sia nel
centro, sia nel Sud. Questa posizione americana naturalmente non è stata così forte
come quella che è stata attuata dai cinesi; però, in alcuni punti ha incominciato
a "stoppare" l’invasione cinese, e uno di questi – il più strategico, forse,
per la sua posizione – è proprio quello del Sudafrica. Il viaggio della Clinton è
significativo proprio e soprattutto dal punto di vista economico. Il Sudafrica non
è ancora entrato nei "Bric", cioè il gruppo dei Paesi emergenti; è nelle vicinanze
dei Paesi emergenti, ma non è ancora emerso. Deve ancora risolvere molti problemi
interni, alcuni molto gravi. Tuttavia, ha fatto dei passi avanti. Una delle cose che
mancano al Sudafrica è assolutamente il rapporto di esportazione e di interscambio
con altri Paesi. In questo caso, l’America sa che può fare molto di più di quanto
in realtà non possa fare la Cina, su questo fronte. Infatti, mentre Cina e Sudafrica
da un certo punto di vista sono concorrenti – nel senso che entrambi producono a basso
costo e spesso gli stessi prodotti – questo invece non accade nei confronti degli
Stati Uniti, che potrebbero dare delle linee privilegiate e acquistare molto da parte
sudafricana. Quindi, la "battaglia" è una battaglia soprattutto economica e soprattutto
nella produzione fatta per uscire dal Sudafrica.
D. – Però, in questo
caso, forse più che in altri casi, l’economia si fa politica. O no?
R. – Se
guardiamo dal punto di vista generale della sicurezza africana, dalle direttrici di
Africom–il comando americano, e dal tentativo americano di controllare i passaggi
tra i due Oceani, diciamo che l’economia si fa molto strategia e anche politica, contrariamente
al solito. E quindi, questa è l’innovazione: gli Stati Uniti usano meno l’arma del
potere militare e usano molto di più invece il potere economico per riuscire a compensare
e addirittura a portare tutta la parte Sud dell’Africa verso la loro area, togliendola
all’influenza cinese e anche ad un’influenza indiana, che era incominciata. Diciamo
che il confronto Occidente-Oriente si è spostato nel Sud dell’Africa, e, in questo
caso, è un confronto anche politico, ma soprattutto strategico ed economico.