Ancora scontri in Siria: ieri oltre 100 vittime. Padre Dall’Oglio: l’Onu intervenga
subito
Il governo siriano è determinato a “ripulire il Paese dai terroristi”: lo ha detto
il presidente siriano, Bashar al-Assad, ricomparso ieri in tv dopo due settimane,
in occasione dell’incontro con l’inviato iraniano Saeed Jalili, arrivato in Siria
per discutere della situazione degli oltre 40 pellegrini iraniani rapiti dai ribelli.
Jalili ha anche ripetuto la posizione di Teheran: sì al dialogo tra le parti interne
no a qualsiasi soluzione esterna ai confini siriani. E mentre anche ieri il bilancio
dei morti della violenza nel Paese ha raggiunto i cento, dal Sudafrica il segretario
di stato Usa Hillary Clinton ha avvertito che occorre impedire che il conflitto degeneri
in scontro settario. L’invio di combattenti terroristi, ha detto la Clinton, non verrà
tollerato.
Per proteggere la popolazione, garantire il cessate il fuoco, dare
inizio alla transizione politica è necessario l’intervento della comunità internazionale,
un’immediata azione dell’Onu. E’ quanto sottolinea il gesuita padre Paolo Dall’Oglio,
costretto a giugno a lasciare il Paese dopo che le autorità siriane non gli avevano
rinnovato il permesso di soggiorno. Amedeo Lomonaco lo ha raggiunto telefonicamente
a Washinghton, negli Stati Uniti, dove padre dall’Oglio si trova per una serie di
conferenze rivolte ai siriani all’estero:
R. - È il momento
dell’intervento Onu? Sicuramente sì, perché il rischio che cada il regime e continui
la guerra civile, è molto reale. È responsabilità della Comunità internazionale quella
di disinnescare questo rischio, proteggendo le popolazioni civili contro eventuali
massacri e, comunque, riaprendo la possibilità di un negoziato nazionale che vada
verso la pacificazione del Paese e, nella fase costituzionale, che offra alle componenti
della società siriana un posto.
D. - Un contesto geopolitico in cui hanno un
peso rilevante anche le posizioni di Russia e Iran…
R. - La Siria non può essere
utilizzata per conflitti regionali e geostrategici più complessi, dove ci si vendica
dell’Iran in Siria, o si dà una lezione alla Russia in Siria. Ci si sarebbe dovuti
aspettare un negoziato più consistente con i russi e con gli iraniani per ottenere
una Siria neutrale e davvero democratica, un po’ come in Austria dopo la Seconda Guerra
Mondiale. L’Austria non era schierata né con la Nato né con il blocco sovietico, però
era veramente democratica. Questa è la Siria che vogliamo: una Siria non schierata
e neutrale nei giochi geostrategici e pronta a svolgere il suo ruolo con quell’armonia
intercomunitaria e interreligiosa che le è propria e in una democrazia costruita su
una società civile matura. Allora poi la Siria avrà un ruolo positivo in tutta la
regione, e per la pacificazione anche tra gli arabi ed Israele che tutti vorrebbero
si realizzasse.
D. - Dunque la guerra civile, con divisioni sempre più laceranti,
potrebbe continuare anche dopo l’eventuale caduta del regime di Assad…
R. -
Questa guerra civile potrebbe continuare anche dopo, perché gli uomini del regime
si potrebbero radunare, rafforzare, fortificare ed arroccare nella zona ad Ovest del
fiume Oronte protetti, eventualmente, da Iran e Russia. È chiaro che a questo punto,
l’Onu dovrebbe intervenire per proteggere la popolazione e fare in modo che il negoziato
fra le popolazioni - non con il regime perché non c’è niente da negoziare con questo
regime- porti ad un accordo nazionale e salvi l’unità del Paese e lo sforzo democratico.
Non è immaginabile nessun compromesso sul fatto che si passi da un regime dittatoriale
ad una democrazia matura.
D. - Domenica scorsa uomini armati hanno saccheggiato,
fortunatamente senza provocare vittime, il monastero di Mar Musa, da lei rifondato
nel 1982. Un episodio che si inserisce nella profonda incertezza in cui vive l’intero
Paese...
R. - È stato un furto. Sono bande armate di contrabbandieri sul confine
libanese. La situazione della zona, fra Damasco ed Homs, è di grave anarchia sul terreno.
Quindi è certamente una grande ferita per me, una grande preoccupazione ed anche una
preoccupazione per il futuro dei cristiani in tutta la regione. Quando c’è anarchia,
è chiaro che le popolazioni soffrono tutte e i cristiani che sono in minoranza si
sentono schiacciati tra questi ‘vasi di ferro’ e, quindi, tendono ad andarsene. Il
rischio è questo. Ad Aleppo, a Damasco, ad Homs se ne sono già andati, ed altrove
purtroppo, sono stati armati dal regime. Quindi preghiamo per i nostri fratelli cristiani
in Siria, preghiamo per tutti i siriani. Dobbiamo recuperare anche quelli che erano
con il regime, e che adesso si risveglino da un brutto sogno, e capiscano che è una
pagina che va voltata e che bisogna costruire insieme una Siria nuova.
D. –
Padre Dall’Oglio, la situazione attuale, al momento, le impedisce di tornare in Siria,
ma probabilmente il desiderio di rientrare nel Paese è più forte della paura...
R.
- Io spero di tornare prestissimo in Siria. Ma per me, l’essenziale è di non mettere
in pericolo nessuno con la mia presenza. Per ora faccio un lavoro a tempo pieno, a
favore della riconciliazione tra i siriani. Il dialogo tra i siriani all’estero può
avere una eco molto positiva sul futuro del Paese. Ho visto tante comunità siriane
all’estero in giro per l’America del Nord. Lo farò anche in Europa e spero che questo
possa avere un effetto. Comunque, spero di tornare insieme con tanti che in questi
mesi difficili sono usciti dal Paese. Spero di tornare prestissimo in Siria per ricostruire.
D.
– Quali sono i frutti di queste conferenze rivolte ai siriani all’estero, alle quali
lei sta partecipando in questi giorni negli Stati Uniti?
R. - La cosa più consolante
è che, qualche volta, questi siriani all’estero, che non riuscivano a parlarsi, perché
in fondo sono schierati, come all’interno del Paese, tra che è con il regime e chi
è decisamente contro il regime, finiscono con il trovare un dialogo in un contesto
diverso, in cui non c’è la censura, la prigione, la tortura, la paura. Anche coloro
che sono con il regime hanno paura del regime. Anzi qualche volta sono quelli che
hanno più paura di tutti, persino qui in America. Quando riescono ad aprirsi e a parlare
tra loro, si riconoscono come cittadini di un Paese nuovo e in un unico desiderio
di costruirlo insieme.
D. - Grazie padre Dall’Oglio, speriamo che germogli
presto, in Siria, il seme della democrazia…
R. - Grazie alla Radio Vaticana
che ha sempre mostrato molta attenzione alla tragedia siriana, e anche ad una rivoluzione
che, speriamo, porti ad una fase di democrazia reale per tutto il popolo siriano,
che sta soffrendo.