2012-08-06 12:15:58

Commando jihadista attacca guardie egiziane al confine con Israele: oltre 20 i morti


E' alta la tensione al confine fra Egitto e Israele, dopo l’attacco del commando di jihadisti al posto di frontiera all'altezza della Striscia di Gaza. E sale il numero delle guardie egiziane e dei miliziani uccisi: almeno 16 guardie sono morte quando il commando si è impossessato di due blindati dell'esercito egiziano: uno è riuscito a sconfinare in Israele, l'altro è esploso prima. Quello sconfinato è stato colpito dall’aviazione israeliana a Kerem Shalom, valico di passaggio proprio fra Israele, Egitto e Striscia di Gaza, e sembra siano rimasti uccisi 8 miliziani e non 5 come detto in un primo momento. Il valico di frontiera di Rafah è chiuso e in tutta l'area è stato decretato lo stato di allerta. Della instabilità dell'area Fausta Speranza ha parlato con Janichi Cingoli, direttore del Centro Italiano per la pace in Medio Oriente:RealAudioMP3

R. - Siamo in una situazione di vuoto nel Sinai, che si è creato perché le truppe egiziane controllano molto di meno il territorio e i beduini locali si sono fatti infiltrare da componenti legati ad Al Qaeda. Questo crea una situazione per cui il territorio risulta un po’ senza controllo. La cosa impressionante è che questi terroristi non hanno semplicemente attaccato un obiettivo israeliano ma non hanno esitato ad uccidere soldati egiziani come se non ci fosse differenza fra israeliani ed egiziani. Quindi qui l’obiettivo è duplice: da un lato, rivendicare gli attacchi contro gli israeliani, ma dall’altro anche di destabilizzare, in qualche modo, questa transizione estremamente delicata che è in atto in Egitto, con Mursi che è stato eletto dai Fratelli Musulmani e che cerca un accomodamento con la giunta militare. Questo si vede anche nella composizione del nuovo governo che ha una ridottissima presenza dei Fratelli Musulmani: solo quattro ministri.

D. - Cosa può significare questa escalation di violenza terroristica nella fase geopolitica dell’area?

R. - C’è un problema: questo nuovo governo e questa nuova presidenza dicono di volere riconfermare i trattati internazionali. C’è stato anche l’episodio della lettera di Mursi a Peres in cui confermava la volontà di andare avanti su un discorso di pace con Israele, lettera che poi è stata ufficialmente ritrattata. In ogni caso, c’è una situazione di incertezza e così all’interno si inseriscono queste attività terroristiche che hanno un doppio obiettivo: da un lato, quello di colpire Israele ma, dall’altro, sicuramente proprio quello di colpire l’attuale leadership egiziana. Il tutto avviene in un momento di stallo negoziale pressoché completo, quindi il messaggio che viene dato è che la via diplomatica non paga e che l’unica cosa da perseguire è la via armata, la violenza. Il ritardo della diplomazia apre sempre dei varchi.

D. - In questo momento l’emergenza Siria non aiuta. Le energie sono concentrate sulla questione siriana…

R. – Sì è vero, però più complessivamente direi che in questa fase la questione israelo-palestinese è comunque molto marginalizzata. Gli stessi israeliani pensano più ai loro problemi interni e non concentrano la loro attenzione sul problema del processo diplomatico. Anche i palestinesi sono assorbiti molto dalle loro questioni interne. Quindi francamente percepisco una situazione di blocco del processo diplomatico, di un orizzonte diplomatico che non si vede in questa fase, almeno fin dopo le elezioni della prossima presidenza degli Stati Uniti, se sarà Obama o Romney a vincere le elezioni. E quindi in una situazione di questo tipo è chiaro che i vuoti vengono riempiti.







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