Non solo sport: le Olimpiadi di Londra come evento di evangelizzazione
Grande emozione, in queste ultime 24 ore, alle Olimpiadi di Londra per il doppio esordio
di Usain Bolt e Oscar Pistorius, tra gli atleti più attesi dei Giochi. Un’altra bella
emozione l’ha regalata la giovane emiliana Jessica Rossi, che ha dedicato la sua medaglia
d’oro nel tiro al volo alle popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna. Le Olimpiadi
di Londra si confermano dunque una grande festa dello sport, ma si stanno rivelando
anche un’occasione per evangelizzare. Grande successo sta, infatti, riscuotendo l’iniziativa
promossa dall’organizzazione ecumenica “More than Gold”, come racconta James Parker
responsabile cattolico dell’organizzazione. L’intervista è di Fabio Colagrande:
R. - La nostra
attività pastorale va molto bene: la gente viene nelle zone di ospitalità per ricevere
bevande gratuite, un posto per riposare. Ciò che è più evidente, però, è che vengono
a pregare! La gente vuole il tempo per pregare davanti al Santissimo Sacramento e
non parlo solamente di londinesi, ma anche i tanti visitatori stranieri che sono arrivati
a Londra per i Giochi Olimpici.
D. - Com’è la partecipazione alla celebrazione
eucaristica quotidiana che c’è nel Villaggio Olimpico?
R. - Nel Villaggio Olimpico,
dove gli atleti e i funzionari vivono e hanno accesso esclusivo, i cappellani cattolici
sono molto impegnati: ci sono anche tre Messe ogni giorno, con un buon numero di partecipanti.
Anche fuori del Parco Olimpico vediamo sempre più persone che frequentano la Messa
e sempre più persone che visitano il Santissimo e che vengono ad adorare Gesù. Tutto
questo è dunque molto incoraggiante.
D. - Mercoledì primo agosto ha aperto
al Villaggio Olimpico il Joshua Camp, un luogo di ritrovo per i giovani che
ricalca un po’ l’esperienza delle Giornata mondiale della gioventù. Di che si tratta
e come sta andando?
R. - Il Joshua Camp rappresenta un’opportunità per
i giovani, provenienti da tutto il mondo, di provare l’emozione, il divertimento e
l’unità dei Giochi Olimpici in un ambiente cattolico. E’ anche un luogo nel quale
ricevere una più profonda formazione cristiana. I presenti hanno l’opportunità di
condividere la loro fede in un modo molto reale: ci sono giovani provenienti da 21
Paesi e vengono parlate almeno 15 diverse lingue. E’ una presenza tangibile dello
Spirito Santo tra la gente.
D. - Il vescovo di Brentwood, mons. McMahon, ha
inaugurato il Joshua Camp edha ricordato che il vero spirito delle
antiche Olimpiadi era un po’ diverso da quello attuale…
R. - Sì. Il vero spirito
dei Giochi era nell’onore di competere: non si trattava di vincere medaglie d’oro,
d’argento o di bronzo; ma si trattava di realizzazione e di rispetto reciproco. Dunque
il vescovo ci ha detto che la gara più importante per noi è la gara della vita: il
nostro ruolo è quello di correre la gara della fede, con Gesù al centro.
D.
- Insieme agli altri rappresentanti cristiani dell’organizzazione ecumenica More
Than Gold, avete anche intrapreso un’iniziativa per sensibilizzare i turisti e
gli atleti che partecipano alle Olimpiadi su un tema particolare: quello del traffico
di esseri umani. Perché questa scelta e di cosa si tratta?
R. - Il traffico
di essere umani rappresenta un problema per tutti e in tutto il mondo. Vogliamo usare
questi Giochi per cercare di educare le 205 nazioni presenti: le Olimpiadi parlano
della meraviglia e della dignità del corpo umano e il traffico di esseri umani porta
il messaggio opposto. E’ per questo che i Giochi Olimpici rappresentano una occasione
ideale per portare su questo argomento l’attenzione della gente.