In Israele, le suore comboniane contro il traffico di esseri umani nel Sinai
Un asilo per i figli delle donne africane che, attraversando il Sinai, sono vittime
di violenza. È l'iniziativa di suor Azezet Kidane, chiamata affettuosamente “Aziza”,
missionaria comboniana che da anni, in Israele, combatte il traffico di persone che
dal Corno d’Africa tentano di raggiungere il Paese alla ricerca di un futuro migliore.
Ce ne parla Roberta Barbi:
“La donna cattolica
è tutto”, diceva San Daniele Comboni, fondatore dei missionari comboniani che, in
particolare, definiva le religiose “immagini delle antiche donne del Vangelo”, affermando
che laddove c’è una missione gestita da suore, quella è una missione solida. Incarna
perfettamente questo modello suor Azezet Kidane, infermiera di origine eritrea,
che da anni lavora nella clinica dei "Medici per i diritti umani" a Jaffa, in Israele,
e insieme alla sua comunità, "Casa Betania", denuncia il traffico di esseri umani
nel Sinai, forma moderna di schiavitù. Al microfono di Dulce Araujo, collega
del programma portoghese della nostra emittente, racconta la sua battaglia quotidiana:
“Quando
arrivano in Israele – sono 50mila gli africani rifugiati – quelli che vengono da noi
sono malati ed hanno bisogno di assistenza. La maggior parte sono uomini giovani.
Le torture che sono praticate sono differenti: per le donne la più grande sofferenza
è quella degli abusi sessuali, alcune rimangono incinte o contraggono malattie. Quando
arrivano da noi dicono: ‘Come posso tenere questo bambino, perché io non so neanche
chi sia il padre?’. Grazie a Dio tante lo accettano, perché certo noi non pratichiamo
l’aborto! Le aiutiamo a tenere il bambino e mi dà tantissima gioia vedere, poi, come
queste mamme amano i loro bambini, come li tengono, come li curano e mi dicono: ‘Questi
bambini li hai salvati tu!’”.
Per questi bambini ora è nato anche un asilo,
grazie al contributo della diocesi di Padova: i piccoli ospitati per ora sono 25,
figli di donne eritree, etiopiche e sudanesi che lavorano o stanno cercando un lavoro.
Ma l’attività missionaria, qui, non è solo di tipo assistenziale:
“C’è tanto
bisogno di far vedere loro l’amore di Dio. Soffrono così tanto, si sentono così umiliati…
E ti chiedi: ‘Signore, perché tormenti così una persona?’. Ti fa entrare ancora di
più in Dio e ti fa comprendere quanto una persona, se crede, può camminare ancora
nell’amore di Dio. La speranza è tenere ancora vivo l’amore di Dio in loro: questo
è anche il mio lavoro, cerco di non perdere mai la speranza e di accompagnarli nel
cammino di fede”.
Per la sua opera, suor “Aziza”, che l’anno scorso aveva
già ricevuto ad Aosta il premio "Donna dell’anno" del Soroptimist International
Club, il 19 giugno scorso è stata insignita a Washington del prestigioso riconoscimento
“Heroes” del governo statunitense che le è stato consegnato dalle mani del segretario
di Stato, Hilary Clinton. Ma le soddisfazioni, per questa piccola suora, sono altre:
“Per
me sarà importante quando vedrò il risultato di quello che stiamo facendo nel Sinai,
perché quando gli africani passano dalla via del Sinai sono torturati e viene chiesto
un riscatto, per loro, in soldi…. Per me allora avrà un grande significato, perché
le persone si saranno salvate”.
Per sconfiggere la tratta di esseri umani
a mobilitarsi devono essere tutti, compresi i governi. Questo l’appello che lancia
suor Kidane:
“Io voglio veramente che il mondo internazionale e specialmente
il mondo africano trovi vie per aiutare questi nostri fratelli e non rimanga più in
silenzio, perché i loro fratelli, i loro figli, le loro mamme stanno soffrendo!”.