2012-08-01 14:05:11

India: marcia in favore dei diritti dei dalit. Mons. Machado: basta discriminazioni


Centinaia di dalit cristiani e musulmani hanno sfilato in questi giorni sotto la pioggia per le strade di New Delhi, per chiedere al governo Upa (United Progressive Alliance) di garantire loro i diritti previsti dalla legge sulle caste, entro le elezioni generali del 2014. Organizzata dalla Conferenza episcopale indiana (Cbci) e da leader islamici, la marcia - riferisce l'agenzia AsiaNews - è culminata davanti al palazzo del Parlamento, dove i manifestanti hanno iniziato un dharma (digiuno di protesta), indossando magliette con la scritta "Upa - Rispondi alla Corte suprema". Lo slogan scelto dai manifestanti si riferisce alle numerose cause presentate da gente comune, società civile e leader religiosi per porre fine alla discriminazione su base religiosa ed applicare lo status di Scheduled Caste (Sc) anche ai fuoricasta cristiani e musulmani. La lotta per garantire eguali diritti va avanti dal 1950, quando il parlamento approvò l'art. 3 della Costituzione sulle Sc. In base a questo paragrafo, la legge riconosce diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale solo ai dalit indù. In seguito, nel 1956 e nel 1990, lo status venne esteso anche a buddisti e sikh. Tra le personalità presenti alla marcia, anche mons. Vincent Concessao, arcivescovo di New Delhi: "La discriminazione contro dalit cristiani e musulmani va contro ogni principio sancito dalla nostra Costituzione, che è laica per sua stessa natura. Siamo qui non solo per promuovere ciò che è bene, ma anche per combattere il male. E discriminare qualcuno per la sua religione è malvagio". Sulla marcia Emer McCarthy ha raccolto la testimonianza di Padre Dominic D’Abreo, portavoce della Conferenza episcopale indiana:RealAudioMP3

“We began the march ...
Abbiamo iniziato una marcia che è partita da Ramlila Maydan. Hanno partecipato alla marcia circa 2500 persone che, insieme, hanno protestato per difendere i diritti dei dalit di fede musulmana e cristiana. Si tratta di diritti costituzionali, mentre l’articolo 3 della Costituzione indiana non comprende i diritti dei dalit cristiani e musulmani. Questi diritti riguardano tutti gli aspetti della vita e contribuiscono allo sviluppo della persona. Tutti i diritti garantiti dal governo devono essere riconosciuti anche a tutti dalit”.

Dal governo non è ancora arrivato alcun provvedimento che assicuri pari diritti, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo di Vasai, mons. Felix Machado:RealAudioMP3

R. – Noi pensavamo che il governo avrebbe provveduto, ma nemmeno il Partito del Congresso vuole farlo. Anche perché pensano che, magari i cristiani sono pochi e non contano come voti … Questo veramente ci rattrista molto, perché comunque la sola Chiesa cattolica, con il suo 1,5 per cento, è presente in campo sociale, in campo sanitario e nel campo educativo e assicura al Paese il 33 per cento dei servizi e tutti lo sanno! Credo che sia un diritto ingiustamente negato a noi.

D. – Perché i diritti vengono riconosciuti a dalit indù, buddhisti e sikh e invece sono esclusi dalit cristiani e musulmani?

R. – Questo ce lo chiediamo anche noi. Certamente, perché nella mentalità di alcuni queste due religioni sono considerate come ‘straniere’, venute da fuori. Questa motivazione è falsa: il cristianesimo, infatti, è una fede di antichissima presenza in India, fin dai suoi primi giorni. La seconda ragione potrebbe essere, secondo loro, che nelle istituzioni adibite alla formazione o nei collegi, i posti sono riservati per il 20-30 per cento, ai disoccupati. Se tutti ricevessero questi privilegi, loro perderebbero un numero maggiore di posti perché dovrebbero condividerli con musulmani e cristiani.

D. – Il riconoscimento di questi diritti negati ingiustamente ai dalit cristiani e anche musulmani sarebbe un passo cruciale nel dialogo interreligioso?

R. – Il dialogo con i musulmani si è sempre svolto regolarmente; questa è una ulteriore occasione. Ma noi non vogliamo dare l’impressione che siamo uniti soltanto quando si tratta di chiedere qualcosa. E’ perché esiste un’ingiustizia e la Chiesa affronta questa ingiustizia insieme, anche attraverso il dialogo.

Ultimo aggiornamento del 3 agosto 2012







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