Spagna. L’arcivescovo di Oviedo: nonostante la crisi, non diminuisce la generosità
della gente
Nei Paesi europei, la crisi economica si trasforma in crisi sociale e chiama in causa
l'azione pastorale della Chiesa. Al microfono di Fabio Colagrande, l’arcivescovo
di Oviedo, mons. Jesús Sanz Montes, si sofferma sulla crisi economica e sociale
in Spagna e racconta quanto sia difficile la situazione soprattutto nelle città:
R. – Vediamo
innanzitutto dal nostro punto di vista, delle nostre istituzioni che cercano di andare
incontro alle persone più danneggiate: le nostre realtà sono talmente "affollate"
che quasi non riusciamo a portare un gesto, una parola. Le persone non sono cifre
anonime, ma volti concreti che bussano alle nostre porte chiedendo un aiuto concreto.
D.
– Quindi anche nella sua arcidiocesi di Oviedo, gli organismi caritativi sono impegnatissimi
in queste settimane, in questi mesi…
R. - Più che mai! La generosità del nostro
popolo, anche in un periodo di crisi così grande, non diminuisce. La generosità nell’impegno
di dedicare il tempo delle persone, anzi, è cresciuta enormemente.
D. – Purtroppo,
le previsioni non sono positive: il prestito fino a 100 miliardi approvato dall’Unione
europea per salvare il sistema bancario spagnolo secondo alcuni potrebbe essere solo
l’inizio…
R. - Un primo commento sarebbe la vulnerabilità del sistema, che
vuol dire che ci sono interessi mondani che vogliono indebolire, ad esempio, una moneta,
e vogliono anche indebolire la stabilità di uno Stato concreto come la Spagna o anche
l’Italia.
D. – Dunque qual è lo stato d’animo della gente, dei fedeli?
R.
– Estrema preoccupazione, soprattutto perché la disoccupazione cresce continuamente
e non si riesce a fermare. Specialmente nel mondo dei giovani, dove non si riesce
a iniziare un’esperienza lavorativa.
D. - Ci sono state già diverse proteste
nelle piazze in Spagna. C’è il rischio davvero che le tensioni sociali a causa della
crisi e dei tagli decisi si aggravino sempre di più?
R. – Speriamo che la gente
possa reagire anche con legittime proteste, ma in un modo ragionevole. Quando si perdono
anche i valori e si mettono in piazza certe manifestazioni, questo non aiuta.
D.
– Qual è in questo momento la risposta della Chiesa di fronte a queste tensioni sociali?
R.
- La prima risposta è un gesto di vicinanza solidale in nome della carità cristiana
e dell’amore di Dio. Quello che Lui ha fatto con noi, noi cerchiamo di farlo con coloro
che Lui ci ha affidato, con le nostre possibilità che non sono infinite, cerchiamo
di aiutare, non soltanto sostenere la speranza, ma anche aiutare nel concreto.
D.
– La Chiesa può avere in questo momento anche un ruolo educativo. Vediamo ormai un
forte distacco, ad esempio, tra i cittadini e la politica. La Chiesa può fare qualcosa
per questo?
R. – Le persone guardano alla Chiesa e alle nostre istituzioni
caritative in un modo diverso, nel senso che non vedono in noi un interesse. Questa
anche è una posizione educativa: quando noi richiamiamo alla generosità la gente,
cerchiamo di risvegliare in essa questo atteggiamento. Abbiamo dovuto rispondere a
tante necessità di violenze e di precarietà, qualcosa abbiamo imparato.