2012-07-31 20:15:14

Incendi di rifiuti tossici a Caivano, nel napoletano, la testimonianza di don Patriciello


Sono disperati gli abitanti di Caivano e di tutta l’area del napoletano conosciuta come “la terra dei fuochi”, dove nei giorni scorsi gli incendiari hanno appiccato un rogo a rifiuti di tutti i tipi in pieno centro abitato, invaso poi da una nube di fumo nero e denso. I piromani hanno agito alle spalle della parrocchia di San Paolo Apostolo, il cui parroco, don Maurizio Patriciello, da tempo ormai denuncia una situazione insostenibile proprio a causa degli incendi di rifiuti tossici. Ieri, i 13 parroci della foranìa di Caivano, si sono riuniti per parlare di eventuali iniziative da assumere. Francesca Sabatinelli ha intervistato don Maurizio Patriciello:RealAudioMP3

R. - Non è che in questi anni noi "abbiamo dormito". Sapevamo del problema e pensavamo che chi dovesse intervenire, sarebbe intervenuto. Purtroppo dobbiamo anche dire che in questi anni si è fatto di tutto per confondere il problema dei rifiuti tossici con i rifiuti urbani. Il problema, invece, è emerso negli ultimi tempi in tutta la sua gravità. Si tratta del problema dei rifiuti tossici, dei rifiuti industriali riversati illegalmente e quindi c’è bisogno di bruciarli per non lasciare traccia. A queste persone viene rubata l’aria! Io mi rendo conto che chi non vive questo dramma, ha difficoltà a capire che cosa è successo a Caivano.

D. - Ma chi è che doveva intervenire e non l’ha fatto? Chi è che non sta aiutando le persone di Caivano e di tutta la zona?

R. - A me dispiace dirlo ma è uno "scarica barile" che fa soffrire. Ognuno dice che il problema non si può risolvere solamente in un certo modo. Poi, non si può pensare di risolverlo solamente con le forze dell’ordine e su questo non ci sono dubbi... Poi a scalare, il primo responsabile di quello che avviene in un territorio è il sindaco del paese con la sua giunta comunale.

D. - Gli abitanti di Caivano come hanno reagito a quello che è accaduto?

R. - Le persone che passavano sia in macchina, sia quelle affacciate ai balconi delle case, erano esterrefatte, allibite, annichilite, perché la cosa era veramente pesante .. Purtroppo - e a me dispiace dirlo io sono un prete, sono un uomo della speranza -, c’è anche tanta rassegnazione, c’è tanta gente che non crede che possa accadere qualcosa. C’è la camorra, ci sono le persone corrotte, ci sono le persone colluse, incapaci, gli amministratori locali che un po’ sono amici o parenti di qualcuno, per cui qualcuno tende a sminuire la cosa...

D. - Con certezza non si può dire cosa sia accaduto. Non è però azzardato parlare di ritorsione per quello che voi state denunciando...

R. - È sempre difficile, è sempre bene essere prudenti. La realtà è questa. Questo terreno si trova all’interno della mia parrocchia ed è proprio a ridosso di palazzi del centro abitato. Fino ad ora, non era mai capitato che ci si spingesse così all’interno per bruciare; si bruciava sempre all’interno delle campagne. Detto questo, bisogna dire però che a poca distanza c’è anche la caserma dei carabinieri. Ci hanno sporcato il cielo, ci hanno rubato l’aria, ci hanno spento il sole! Non è uno scempio ambientale. No, questo è un dramma umanitario.

D. - C’è qualcuno che però le ha chiesto - gentilmente o non gentilmente - di tacere?

R. - “Consigli” di questo tipo arrivano sempre, tutte le volte che una persona si impegna in qualche cosa e in qualsiasi cosa si faccia in queste zone. Noi per fare in questo modo ci siamo ritrovati in questa condizione. Mi sono chiesto: “Perché la camorra ha attecchito così tanto qui e non altrove?” Evidentemente, noi gli abbiamo dato ospitalità, almeno al pensare camorristico...

D. - Se lei potesse lanciare un appello, a chi lo invierebbe e cosa chiederebbe?

R. - Lancerei un appello soprattutto a coloro che hanno la responsabilità: “Dovete intervenire presto”, perché la nostra burocrazia è farraginosa, lenta e pedante; la camorra, invece, si muove svelta come una lepre. I roghi devono essere spenti all’istante e si deve sorvegliare affinché nessuno possa accenderne ancora. Un altro appello, lo lancerei ai sacerdoti, ai confratelli vescovi in giro per l’Italia, affinché la Chiesa italiana prenda a cuore questo problema. Se il grido di sofferenza che si leva da questa diocesi di Aversa, tutta la Chiesa lo fa suo, credo che veramente possiamo uscire da un incubo.







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